Arriva un momento nella vita in cui si deve decidere se accontentarsi di ciò che passa il convento o provare a inseguire i propri sogni pur rimanendo con i piedi per terra. Il tempo delle decisioni insomma, quello nel quale bisogna pensare a cosa si vuole fare da grandi.
Con l’arrivo di Di Francesco, ma già dalla stagione precedente dell’illusione europea prima che arrivasse l’inverno, il Cagliari è sembrato voler compiere quel passo chiamato salto di qualità. Dopo otto giornate è lecito tracciare una prima linea, non un giudizio definitivo, ma comunque utile a capire con gennaio vicino cosa manchi alla rosa in mano al tecnico abruzzese.
Scegliere il futuro
A poco più di un mese da quello che un tempo era definito mercato di riparazione la società rossoblù deve decidere se diventare grande e inseguire i sogni oppure accontentarsi. La salvezza è il minimo sindacale per una rosa dal nono monte ingaggi della Serie A, fare meglio dell’anno precedente l’obiettivo dichiarato – battuta o meno – dal presidente Giulini il giorno della presentazione del nuovo tecnico. Il vero traguardo da inseguire che Di Francesco ha messo nel mirino è quello della parte sinistra della classifica, il possibile sogno europeo non un’utopia ma da scoprire strada facendo se i risultati lo permetteranno. Se è pur vero che gli stipendi non scendono in campo e non garantiscono punti, è comunque doveroso aspettarsi un campionato che non si allontani troppo dalle premesse date dalle spese alla voce ingaggi.
Alzare l’asticella
Se il Cagliari decidesse di accontentarsi di una salvezza tranquilla e del tredicesimo posto che migliorerebbe la stagione passata allora la squadra in mano a Di Francesco appare più che sufficiente per raggiungere l’obiettivo. Pur mancando di alcuni ricambi e anche se perfettibile, il gruppo a disposizione dell’allenatore ha nelle corde una posizione di classifica appena al di sotto delle prime dieci. Con un po’ di fortuna e quindi senza grossi intoppi tra infortuni e Covid il Cagliari può ambire alla parte sinistra della classifica anche con i giocatori già a libro paga, ma se si volesse evitare di affidarsi alla dea bendata allora i correttivi appaiono necessari se non doverosi.
Cosa manca?
Le sconfitte contro Lazio, Atalanta, Bologna e Juventus hanno dato più o meno tutte la stessa risposta. Al Cagliari mancano muscoli e fisicità e lo si è visto chiaramente contro i bianconeri. Non solo nei calci piazzati, ma soprattutto a centrocampo, un reparto costruito su qualità tecniche più che su quelle fisiche. Con il 4-2-3-1 inoltre nel settore mediano è quasi obbligatorio avere il classico cagnaccio, il giocatore muscolare che possa fare filtro, contrastare, attaccare le seconde palle e uscire vincitore dagli scontri aerei. Nel Cagliari questo elemento manca, Nández con la sua corsa e la sua garra può sopperire, ma non è quello che ad esempio a Napoli rappresenta Bakayoko per citare una squadra che usa la stessa disposizione tattica. Marin e Rog non sono quel tipo di calciatore, Nainggolan e il mantra del suo ritorno non risolverebbero comunque il problema soprattutto se il Ninja rimanesse ancorato alle difficoltà fisiche che lo hanno trasformato in uno spettacolare trequartista, ma non più quella mezzala rognosa di un tempo.
Coperta corta
Dodici titolarissimi, alcuni ricambi come Klavan, Pavoletti e Tripaldelli utili in caso di necessità o negli ultimi minuti. Le prime otto partite hanno detto che Di Francesco ha in mano una rosa lunga nei nomi, ma di fatto cortissima nelle scelte. Difficilmente chi entra può cambiare il corso degli eventi e soprattutto in mezzo al campo ogni volta che esce la lista dei convocati è chiaro come il sole che la coperta sia cortissima. In attesa di un Oliva che possa tornare utile come nel passato maraniano, il povero Caligara è passato da giovane con bisogno di crescere con calma a primo cambio a centrocampo con tutto ciò che ne consegue. Quando manca uno tra Nández e Rog, aspettando che Marin dimostri più di quanto fatto finora, Di Francesco si guarda intorno e difficilmente trova ciò che vorrebbe. Se nel reparto offensivo le scelte ci sono – il ballottaggio tra Ounas e Sottil, Pavoletti, Pereiro al rientro – e tra i centrali di difesa non mancano le alternative, alla voce terzini il reparto sembra male assortito nei ricambi. Uno di spinta e uno di contenimento tra i titolari con Zappa e Lykogiannis, ma le alternative sono entrambe offensive. Manca, in sostanza, un alter ego di Lykogiannis ma sulla fascia opposta in modo che DiFra possa costruire due coppie dalle caratteristiche opposte senza dover cambiare l’equilibrio generale come fatto a Torino.
Gennaio non è il mese delle occasioni, anzi. Chi ha giocatori utili fa di tutto per tenerseli, così i prezzi lievitano ed è ripetitivo ricordare che in tempo di Covid le casse societarie, a Cagliari come altrove, non consentono voli pindarici. Gli esuberi a prezzi di saldo non mancano, ma la concorrenza è tanta e difficilmente si riesce a dare una sterzata importante al valore di una rosa. Ci sono le eccezioni e i rossoblù hanno dalla loro tanti esuberi da salutare che potrebbero aprire le porte a due rinforzi più utili alla causa. La base c’è, non si può negare, ma se si vuole diventare grandi e non solo vivere alla giornata sulla base si può – o si deve – costruire.
Matteo Zizola