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Cagliari, a Genova un altro passetto avanti: ma si può (e si deve) fare di più

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“Sapevamo perfettamente che questa sarebbe stata una partita tosta. Mi spiace non aver trovato il vantaggio nel nostro miglior momento nel secondo tempo”. Nel giudicare in modo positivo il 2-2 del suo Cagliari a Marassi contro il “suo” Genoa, Davide Nicola ha forse centrato il punto del momento vissuto dai rossoblù isolani. Perché anche contro la squadra di Patrick Vieira si è vista una squadra capace di tutto e del contrario.

Faber fortunae suae
Il vantaggio firmato da Razvan Marin su rigore dopo soli 8 minuti aveva messo sui binari ideali il match per il Cagliari e forse aveva illuso anche Nicola, che sperava di poter finalmente gestire una gara dall’inizio. Specialmente su un campo difficile come quello di Genova, con il solito boost alle fortune del Grifone rappresentato dal tifo rossoblù che, a conti fatti, ha aiutato i padroni di casa a uscire indenni dal match. Invece, dopo neanche cinque giri di lancette, ecco puntuale la frittata: difficile immaginare quattro letture contemporaneamente sbagliate dei singoli, con Frendrup – un altro iscritto al club di goleador a segno solo contro i sardi – pronto ad approfittarne per l’1-1. Una situazione di gioco che ha confermato come il Cagliari continui a essere, nel bene e nel male, “faber fortunae suae”, ovvero autore del proprio destino. E, soprattutto, che il lavoro di ricerca di meccanismi e automatismi richiesto da Nicola ai suoi ragazzi sia ancora solo all’inizio. E non è certo una questione di pessimismo o ottimismo: banalizzare l’analisi su questi presupposti è un errore che può commettere solo chi usa la pancia e non la testa. A Marassi il Cagliari poteva e doveva fare di più. Perché ha dimostrato di poterlo fare senza grossi sforzi: i rossoblù sono arrivati spesso dalle parti di Leali grazie a una manovra intelligente e ben costruita, ma ancora una volta è mancata cattiveria davanti alla porta avversaria.

Bilancia sbilanciata
A questo punto, vedendo le 24 reti subite in 13 giornate, verrebbe spontanea una domanda: ma perché concentrarsi soprattutto sulla poca concretezza offensiva se il Cagliari concede quasi due gol a partita agli avversari? Dubbio lecito e condivisibile. Ma l’impressione, assistendo al match contro il Genoa dagli spalti di Marassi – e dunque da una prospettiva particolarmente vicina all’azione – è stata che la squadra di Nicola abbia il giusto spirito propositivo per arrivare spesso fino all’area avversaria, riuscendo anche a trovare letture corrette sulla carta, ma poi difetti a livello di conclusione. Perché è evidente che la mentalità imposta ai suoi dal tecnico piemontese sia improntata a offendere, accettando di rischiare qualcosa in fase difensiva. E questo approccio probabilmente (e comprensibilmente) piace di più al tifoso rispetto a quello più conservativo dell’era Ranieri, ma è chiaro che il lavoro da fare sia ancora tanto. Perché finora il Cagliari non ha certo dato l’idea di essere una squadra ermetica – e lo dicono i numeri – in fase difensiva, né è sembrato ancora in grado di poter fare gol in ogni occasione. E dunque si torna sempre allo stesso assunto: troppi gol presi, ancora troppo pochi quelli segnati. Sistemare la bilancia continua a essere uno dei compiti più difficili per Nicola, che non è ancora riuscito a trovare la giusta chiave per rendere mortifero il suo attacco. Il tecnico non perde l’occasione per ricordare che la storia realizzativa dei suoi giocatori non sia certamente da Scarpa d’Oro e certamente non ha tutti i torti.

Killer instinct
Ma serve di più: a Marassi il risultato finale ha premiato lo sforzo offensivo del Cagliari con il fallo da rigore conquistato da Piccoli – il secondo dopo quello di Torino contro la Juventus –, complice anche un Genoa che ha confermato il momento di difficoltà a livello difensivo (24 reti subite come i rossoblù isolani). Ma si poteva e doveva fare di più: Gaetano ha sulla coscienza due occasioni nitidissime non sfruttate. Specialmente la seconda grida vendetta, perché poco dopo è arrivato il momentaneo 2-1 di Miretti, ma in casa Cagliari il killer instinct finora sembra non albergare proprio. In ogni caso, però, fa bene Nicola a essere positivo. Perché, tornando alla premessa iniziale, la sua squadra sembra totalmente padrona del proprio destino. Se va in difficoltà riesce comunque a lottare, senza arrendersi. E questa non è certamente una questione da poco, ricordando gli ultimi campionati. Uscire con un punto da una trasferta tradizionalmente sfavorevole come quella di Genova è un segnale di vitalità che dà continuità al 3-3 con il Milan. Ora serve uno scatto in avanti, che può arrivare solo attraverso il ritorno alla vittoria. Già venerdì 29 dicembre, in casa contro un Hellas Verona reduce dalla scoppola interna contro l’Inter, per Pavoletti e compagni urge tornare a fare tre punti, che mancano dal lontano 20 ottobre nella sfida interna contro il Torino. “Ci vuole calma e sangue freddo”, cantava Luca Dirisio in una hit dei primi anni Duemila. È quello che cerca il Cagliari dopo il primo terzo di campionato, in cui i segnali positivi sono stati più di quelli negativi ma ancora è mancata la svolta netta di questa stagione. Chissà che non arrivi proprio contro gli scaligeri, facendo tesoro della buona prestazione di Genova per cominciare a raccogliere i frutti di quanto prodotto in campo.

Francesco Aresu

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