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Cagliari, al centro tutti tranne Prati: Nicola e una scelta che non guarda al futuro

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Tra il dire e il fare ci sono di mezzo sette minuti e quaranta secondi, un cameo che racconta la trasformazione da attore protagonista scritturato in estate a semplice comparsa. Dentro a due e mezzo dal novantesimo, poi cinque di recupero e fischio finale. È il riassunto tanto veloce quanto semplice delle presenze in campo dal 30 ottobre 2024 al 23 febbraio 2025 di Matteo Prati da Ravenna, una sola apparizione in Serie A in 116 giorni partendo dalla sfida giocata da titolare contro il Bologna il 29 ottobre e arrivando all’ennesima partita da spettatore nell’ultimo turno contro la Juventus. Il tutto nonostante un Cagliari che, nelle ultime due giornate di campionato, è passato al centrocampo a tre, aumentando le maglie a disposizione da una parte, ma avendo nell’ex Spal l’unico tra i papabili a non aver raccolto nemmeno un minuto dall’altro.

Risposte
Tra il dire e il fare, si è detto. Perché di parole su Prati ne sono state spese e non poche in tutti questi mesi di accantonamento. Con tanta carota a far pensare che sì, prima o poi una nuova occasione sarebbe arrivata e non solo nei minuti finali come accaduto contro la Lazio lo scorso 3 febbraio. Da Davide Nicola a Nereo Bonato, sia l’allenatore che il direttore sportivo hanno sottolineato l’importanza del regista romagnolo, ma senza che dalle dichiarazioni si passasse alle cose formali, ossia al campo. “È sotto la nostra considerazione” disse di lui il tecnico piemontese prima di schierarlo titolare contro il Bologna a fine ottobre. “Sa cosa penso di lui, è un giocatore che mi piace molto, ma sa che a centrocampo sono in tanti e lui è l’unico che ha avuto un infortunio serio fin qui. Non cambio idea su di lui, è intelligente e di qualità, sarà utile alla causa da qui alla fine”, ancora Nicola il 4 gennaio quando il mercato era appena iniziato e si paventava una possibile cessione in prestito del classe 2003. E sempre in chiave mercato, sei giorni dopo, a domanda specifica su una partenza di Prati verso altri lidi: “Mi piace molto, gliel’ho detto anche personalmente. Con 5 giocatori che mi piacciono per due maglie è difficile far giocare tutti allo stesso modo, bisogna valutare qual è la cosa migliore e l’esigenza di questi giocatori”. Infine il diesse Bonato a margine del mese di trattative: “Ha iniziato da titolare, poi si è fatto male. In quel periodo ci sono stati due fattori di cambio, quello del modulo con il 4-4-1-1, inoltre chi ha preso il suo posto ha fatto bene. Vedo però Matteo molto applicato e credo che farà bene da qui in avanti. Resta un nostro patrimonio, deve essere bravo e lavorare e sfruttare le occasioni che arriveranno”. Tante parole che non hanno avuto, finora, la controprova dei fatti. Perché Prati, tolti i quasi otto minuti contro la Lazio – e la parentesi di Coppa Italia contro la Juventus da titolare – non è mai sceso in campo negli ultimi quattro mesi. Poco per chi è un patrimonio del club – Bonato dixit – che “piace molto” all’allenatore.

Ragioni
Ci sono due temi all’interno delle diverse dichiarazioni citate che fanno più rumore degli altri. Due contraddizioni che risaltano perché i fatti nudi e crudi le rendono praticamente inefficaci. La prima, che poi è la chiave di volta della stagione di Prati, è quella che parla dell’infortunio come causa fondante dello scivolamento nelle gerarchie in mezzo al campo. Vero, il ravennate era partito titolare nelle prime tre giornate di Serie A contro Roma, Como e Lecce, con il duro intervento di Dorgu sul finire della prima frazione del Via del Mare a metterlo fuori causa per le successive cinque gare, vissute tra tribuna (due, Napoli ed Empoli) e panchina (tre, Parma, Juventus e Torino). Poi l’ingresso nel finale di Udine e la titolarità contro il Bologna, mentre il suo percorso nella Nazionale Under 21 lo aveva visto saltare uno dei due impegni di ottobre per poi giocare contro l’Irlanda per novanta minuti, con tanto di fascia da capitano indossata nella fase conclusiva della sfida. E così a novembre, ancora due partite intere con gli azzurrini e ancora una volta – questa dal primo minuto – con i gradi di capitano sul braccio. Un aiuto nel percorso di recupero della condizione che, però, non ha trovato riscontri in rossoblù, ormai accantonato sull’altare del cambio di modulo. Che, dopo il tema infortunio – avvenuto il 31 agosto, un’era sportiva fa – è il secondo argomento portato per giustificarne il mancato utilizzo. Anche in questo caso una mezza verità, valida fino alla sfida contro l’Atalanta. Prima della trasferta di Bergamo il centrocampo a due con Adopo e Makoumbou – e Deiola con Marin come prima alternative – è stato una giustificazione reale di un Prati relegato a spettatore non pagante. D’altronde le prestazioni del classe 2003 nello schema con il doppio mediano non sono quasi mai state all’altezza né le rare volte con Nicola né le ben più numerose con Claudio Ranieri. Però nelle ultime due giornate di Serie A la svolta tattica con i tre centrocampisti non ha comunque dato minuti a Prati, comprensibile contro la fisicità e il gioco dei nerazzurri di Gian Piero Gasperini, decisamente meno contro una Juventus di Thiago Motta che, soprattutto nel secondo tempo, ha lasciato il pallino al Cagliari senza che però ci fosse un giocatore in mezzo al campo in grado di gestire tempi e modi.

Realtà

A dodici partite alla conclusione della stagione, resta da chiedersi se davvero Prati avrà l’occasione di dimostrare il proprio valore. Sembrano lontani i tempi del gol salvezza contro il Sassuolo, lontanissimi quelli della partita da avversario con la maglia della Spal alla Unipol Domus che stregò il presidente Tommaso Giulini trovando l’appoggio di Sir Claudio. Tanto da indurre il patron rossoblù a un’asta nell’estate del 2023 per evitare che il Palermo lo strappasse dalle sue mani, rendendolo l’acquisto più oneroso del club dai tempi dell’arrivo di Razvan Marin dall’Ajax due anni prima. Eppure con l’arrivo di Nicola e dopo la prima stagione da rookie in Serie A sembrava che questo potesse essere l’anno della consacrazione, gli occhi di Luciano Spalletti addosso per l’Italia dei grandi, la centralità nell’azzurro dei giovani e le chiavi del centrocampo del Cagliari in mano. Makoumbou che non entra nelle grazie dell’allenatore e finisce sul mercato nella seconda parte di agosto, il ruolo di play senza concorrenti, la titolarità nelle prime tre gare. Poi, però, l’occasione data dall’infortunio di Prati ha fatto dell’ex Maribor un ladro sportivo, perché la verità – messe da parte le giustificazioni su infortunio e modulo – è che il vero avversario del ravennate nel centrocampo del Cagliari è proprio Makoumbou. A due, ché il francocongolese ha dimostrato di essere indispensabile, e anche a tre, con il numero 29 più adatto – almeno secondo Nicola – nel doppio compito di diga e costruttore. Senza che sia stata provata ancora la terza via, ossia quella di un utilizzo contemporaneo del duo Prati-Makoumbou con il primo play e il secondo mezzala, come accaduto per oltre 1300 minuti con Ranieri al timone nel 2023-24. Ecco, la soluzione per dare a Prati quel che si pensava sarebbe stato di Prati è quella di provare la via della tecnica e delle geometrie, rinunciando a uno dei due mediani di rottura quali sono Deiola e Adopo quando si punta sul reparto a tre. Al contrario per il classe 2003 ex Spal non resta che attendere la prossima stagione. Quando Makoumbou, rinnovo o non rinnovo del contratto in scadenza nel 2026 – sarà probabilmente uomo mercato e Prati potrebbe diventare, finalmente, centrale nel progetto Cagliari. Perché, in fondo, l’investimento tutto giuliniano deve giocoforza portare a questo: lo dice la storia recente, lo dice l’idea di non aver sopravvalutato (economicamente) un talento da non bruciare.

Matteo Zizola

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