Unire i puntini per arrivare a un’immagine è un vecchio passatempo estivo tra un cruciverba e l’altro. Unire le parole, anche a distanza di tempo, può essere invece utile per ricavare una visione d’insieme di dinamiche apparentemente sottotraccia, ma che trovando la giusta chiave possono essere decodificate e portate alla luce. Un passaggio, quello di cercare il filo rosso, che aiuta a capire cosa stia accadendo in casa Cagliari prima e dopo il raggiungimento della salvezza aritmetica, arrivata in seguito alla vittoria dei rossoblù di Davide Nicola sul Venezia alla penultima giornata di Serie A. E che può permettere di tracciare un bilancio in ottica futura che possa rispondere alla domanda di fondo: quali sarebbero i pro di una conferma dell’allenatore piemontese e quali, invece, i contro?
Premessa
“Per noi era la stagione del consolidamento“. E ancora: “Abbiamo fatto un percorso di crescita già iniziato tre anni fa, con l’obiettivo di continuare a crescere facendo gli step nel momento opportuno“. Parole del diesse del Cagliari Nereo Bonato, rispettivamente prima delle gare contro la Fiorentina e contro l’Udinese. Consolidamento e crescita, questi i concetti da perseguire nel finale di stagione che ha poi portato alla salvezza contro il Venezia, concetti già base del campionato che sta per concludersi e obiettivi che, giocoforza, incidono sulle valutazioni finali. Premendo avanti sul registratore delle parole dei protagonisti si arriva a Nicola e alla conferenza stampa dopo la vittoria che ha certificato la permanenza in Serie A. E, ascoltando attentamente dalla viva voce dell’allenatore rossoblù le sue dichiarazioni, risalta la ripetizione proprio del concetto consolidamento: “Ci vuole un po’ più di tempo, più anni per raggiungere o magari consolidare la possibilità di arrivare a una salvezza con tre giornate d’anticipo. Sono venuto con l’idea di costruire qualcosa, non è il contratto che fa di te il timoniere, quanto il consolidamento di una seconda salvezza con due allenatori diversi che c’è stato“. Un altro filo conduttore delle parole di Nicola è stato quel “qualcuno” citato a più riprese quando si è trattato di dare una valutazione dell’obiettivo raggiunto. Un qualcuno che “poteva pensare che la salvezza sarebbe potuta arrivare prima”, o ancora “la salvezza qualcosa che a qualcuno può sembrare anche poco”, e quel qualcuno che “dopo la vittoria contro il Verona pensava già di avere la salvezza in tasca, non certamente noi, perché le aspettative non sono quelle che ti danno gli altri, sono quelle che ti costruisci tu“. E infine il dettaglio che chiude il cerchio, che lascia trasparire la differenza tra obiettivo e il come e il quando sia stato raggiunto. Perché Nicola, dopo il Venezia, ha battuto più volte su alcuni tasti, tra i quali quello della salvezza da prendere a tre giornate dal termine, delle pretese rispetto alla realtà, del budget come discriminante fondamentale tra avere giocatori con numeri da costruire o altri con numeri già presenti, della rosa corta in alcuni ruoli, della differenza di considerazione tra il miracolo della passata stagione e l’aver fatto “un pelo meno” in questa, nonostante si siano persi calciatori di personalità (Nández) e alternative davanti (Shomurodov), del valore reale del gruppo dal punto di vista tecnico confermato dalla classifica, della crescita di alcuni singoli come Piccoli, Adopo, Zortea, Caprile, Luvumbo e Obert. Insomma, non un j’accuse, ma una difesa a spada tratta del proprio lavoro che è apparsa, anzi, che è chiaramente suonata diretta a un mittente specifico. Non i tifosi, sempre osannati (e come potrebbe essere altrimenti con lo stadio sempre pieno e un supporto incondizionato), non i media, ma piuttosto la società e quel consolidamento richiesto che può dare adito a differenti significati.
Pro
È difficile non essere dalla parte di Nicola e della sua conferma sulla panchina del Cagliari guardando ai meri numeri. Raggiungere l’obiettivo non è importante, è l’unica cosa che conta parafrasando un motto famoso dalle parti di Torino sponda Juventus. Il come e il quando lasciano il tempo che trovano e, anzi, proprio il come e il quando possono essere un punto a favore dell’allenatore di Vigone andando oltre le valutazioni soggettive. Come si può non proseguire il percorso con una guida che ha raggiunto quando richiesto, con gli stessi punti della passata stagione a una gara dal termine del campionato, senza praticamente mai passare dalle parti della zona rossa, vincendo otto scontri diretti su dodici, pareggiandone uno e perdendone appena tre? Senza contare la continuità di un progetto iniziato la scorsa estate e sul quale si è investito non solo idealmente, ma anche economicamente per strapparlo all’Empoli dopo una salvezza al fotofinish in Toscana. Permanenza in Serie A doveva essere, permanenza in Serie A è stata, il resto sono chiacchiere. Passando all’aspetto “estetico” e di prestazioni, anche in questo caso il Cagliari di Nicola ha dato segnali positivi. Una prima parte di stagione con idee apparse subito volte all’essere propositivi, seppur i risultati non seguivano quanto messo in campo. Poche, pochissime partite sbagliate nell’atteggiamento a prescindere dal punteggio dopo il novantesimo, esempio lampante lo 0-4 casalingo contro il Napoli che non aveva rispecchiato l’evoluzione reale della sfida. La crescita costante di diversi singoli, come evidenziato proprio da Nicola parlando di Piccoli, Adopo, Zortea, Luvumbo dal punto di vista prettamente tattico. Ma non solo, perché Caprile è stata una richiesta specifica fin dall’estate e da gennaio, quando è sbarcato in Sardegna, il perché è stato subito evidente. Luperto il “pretoriano”, per rapporto prezzo-qualità indubbiamente l’acquisto migliore del mercato. Augello, uomo del predecessore Claudio Ranieri, mai così performante in carriera, per non parlare di Makoumbou che da quasi indesiderato è stato trasformato in un centrocampista migliorato in quasi tutti gli aspetti di gioco. Il tutto con una rosa che mancava di alternative in maniera evidente in alcuni ruoli, dal vice Zappa – un difensore capace di giocare sia da braccetto che da terzino a destra – a chi potesse far rifiatare Piccoli, o con un mercato di gennaio che ha portato sì Caprile, ma anche un Coman più che scelto trovato da Nicola, non una punta ma un esterno offensivo e che la stessa società – come da parole dell’intermediario – ha più che cercato ricevuto in dote come unica possibilità sulla piazza. Come non sottolineare poi l’eredità di Ranieri da raccogliere, un fardello pesante reso più leggero grazie a un approccio mediaticamente quasi perfetto e non solo. Gli esempi di fallimenti pesanti di chi è arrivato dopo dei totem sono molteplici, come il Rafa Benitez post triplete con José Mourinho all’Inter o come, più recente, l’annata del Napoli dopo l’addio di Luciano Spalletti. Un ultimo aspetto, infine, dà ancora più forza al lavoro dell’allenatore rossoblù, un dettaglio poco considerato ma che ha voluto rimarcare dopo la vittoria contro il Venezia. Perché derubricare al caso l’assenza quasi totale di infortuni non è corretto, lo dimostra il campionato di Mina con una continuità mai avuta in carriera, ma non solo. Una gestione fisica della rosa che non può che porre a favore di Nicola e del suo team di lavoro e che la società ha sfruttato in sede di mercato di gennaio, potendo rinunciare ai puntelli necessari facendosi forza su un aspetto numerico non casuale, ma merito di chi ha fatto sì che restasse equilibrato e senza defezioni.
Contro
Allora perché cambiare? Non si può che tornare alla premessa e alla sensazione – ché una semplice sensazione non è – che tra il biennale con opzione sul terzo anno firmato la scorsa estate e la realtà ci sia di mezzo qualcosa di più. Si può prendere d’esempio quanto accaduto nei giorni scorsi ad Amsterdam, con l’Ajax e Francesco Farioli che hanno deciso di salutarsi senza far volare stracci, anzi. “Stessi obiettivi per il futuro, ma visioni e tempi diversi su come dovremmo lavorare e operare per poterli raggiungere” le parole dell’ormai ex allenatore del lancieri. Ed è quello che resta in bilico nel caso del Cagliari e di Nicola, come d’altronde detto a chiare lettere dal classe ’73 di Vigone nel post Venezia: “Vediamo se è possibile salvarsi prima, se no bisogna dire le cose come stanno oppure fare altre scelte, capire se si può ulteriormente migliorare. La grande differenza tra chi sta sopra di te e chi sta sotto è di budget, non tanto nelle idee e nelle capacità che gli allenatori hanno di esprimerle“. Obiettivo comune sì, quello di crescere nel senso di raggiungere la salvezza con maggiore anticipo e tranquillità. Il come e il quando che, invece, separa e non poco società ed allenatore. E così si torna al tema della convinzione, reciproca, che deve essere la stella polare per continuare insieme. Magari con l’idea, tutta da verificare nei fatti, che con un’altra guida si potrebbe fare meglio sia sul piano della classifica che delle prestazioni. E su quello della rosa. Perché tra i contro della conferma di Nicola resta aperto il tema di alcune scelte che hanno lasciato qualche dubbio. Intanto l’aver chiaramente chiesto un portiere in estate per poi accontentarsi di uno Scuffet esautorato. Poi le rotazioni in difesa arrivate solo per “costrizione”. Il nodo Prati e giovani, con l’uomo di punta del mercato estivo precedente atteso dal salto di qualità e tenuto ai margini per quasi tutta la stagione. Sempre a centrocampo l’utilizzo con il contagocce di Marin, patrimonio del club spendibile per una cessione anche all’estero e depauperato con il passare dei mesi. Gaetano che, al netto di problemi fisici nel 2025, è spesso apparso un corpo estraneo nelle idee tattiche e, come Prati, rappresenta l’investimento per il futuro passato da possibile plusvalenza a una caduta nella valutazione che non si può nascondere sotto il tappeto. Soprattutto, ciò che pesa, è l’idea (anche di chi scrive, ma questo conta poco) che il Cagliari 2024-25 potesse realmente raggiungere l’obiettivo con una o due giornate d’anticipo, con le due sconfitte interne contro Fiorentina e Udinese che hanno pesato nelle valutazioni soprattutto per la modalità più che per il risultato. Un dettaglio che avrebbe cambiato di poco i fatti, ossia l’obiettivo centrato, ma sicuramente avrebbe rispettato quelle richieste della società non tanto nascoste (leggasi parole di Nicola) di una salvezza da raggiungere prima di quanto realmente accaduto. Infine l’ambiente diviso, percezione non solo da social, ma anche da stadio e in generale in città. Che, per quanto non dirimente – difficilmente si può essere accettati con percentuali bulgare, nemmeno Ranieri lo è sempre stato – è un fattore che già in passato ha avuto la propria importanza. Partire in una nuova stagione con una piazza senza una reale maggioranza pronta a soffiare alle spalle dell’allenatore, ma bensì che può rapidamente voltargli le spalle, potrebbe essere un boomerang.
Matteo Zizola