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Di Francesco, Giulini e Carta

Dal gioco al pragmatismo: tutte le incomprensioni di questo Cagliari

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A volte le prestazioni non bastano. Restano dei sassolini da togliersi, la consapevolezza di aver fatto il massimo anche se il massimo a cui si ambiva era ben diverso. E allora non resta che provare a capirsi, come marito e moglie alla resa dei conti.

Un nuovo inizio – Dal tridente ai due mediani, dalla difesa a tre all’albero di Natale, dal mercato alla difesa a tre, di nuovo, ma obbligata dal destino e dalle altrui scelte. Nella partita di padel tra proprietà e allenatore a vincere non è, almeno in questo momento, il Cagliari. Tutti hanno ragione e tutti torto, la rosa vale più del terzultimo posto in classifica, ma allo stesso tempo le richieste durante il mercato di Di Francesco sono state praticamente ignorate, anzi, stravolte da quanto accaduto nei fatti. Il compromesso è diventato così quel 3-4-2-1 visto all’Olimpico, un Cagliari lontano dalle finezze care al suo allenatore e molto pragmatico come chiesto da Giulini. Una squadra che ha fatto un passo in avanti, per certi versi, ma che nella sostanza ha abbracciato al fischio finale il diciottesimo posto che significa, virtualmente, serie cadetta. Il nuovo inizio, la difesa a tre che torna, frutto del traffico di centrocampisti al piano partenze e di quello di difensori agli arrivi.

Uscire dalla crisi – L’Atalanta la prossima ultima spiaggia, la difesa a tre che prende sempre più corpo, un mercato che ha regalato giocatori forse funzionali alla rosa, meno alle idee di Di Francesco. Il peso dell’inattività che si fa sentire, da Rugani che lotta ma si fa sovrastare da Milinkovic a Calabresi ancora seduto in panchina, da Duncan e Deiola ai box dopo la prima presenza in rossoblù a Nainggolan ancora in ritardo di condizione. Infine Asamoah che ha sorpreso per stato di forma lo stesso Di Francesco, parole che però vanno tarate su un’assenza dal campo che dura oltre un anno e che lo vedrà protagonista, nonostante l’ottimismo, forse per qualche spezzone nel breve termine. Intanto la mediana soffre, Oliva è a Valencia e nel comparto centrale di difesa le scelte sono al contrario ampie, il regista non è arrivato e Marin fa del suo meglio per crescere in un ruolo non congeniale. Nández si sacrifica, ma anche lui fatica, la squadra è anche sfortunata, ma la fortuna aiuta gli audaci e di audace a Roma si è visto solo il muro difensivo oltre la reazione post svantaggio. Questo passa il convento, con questo materiale va cercata e trovata la salvezza.

Segnali – Che il Cagliari non abbia la dea bendata dalla sua è evidente, basterebbe un episodio, come ad esempio quel gol di Castro al San Paolo quando con Maran in panchina si consumò il delitto perfetto di Napoli. Contro la Lazio Marin e il suo pallonetto hanno strozzato l’urlo del gol, eppure la prestazione è stata forse migliore di quella di quel Cagliari corsaro in Campania. I risultati però determinano tutto, tre punti contro zero e i giudizi diventano diametralmente opposti. Resta poi quel detto e non detto, quella sensazione che mentre allora tutti remavano dalla stessa parte oggi no, oggi la partita di Padel assomigli a una battaglia di nervi. Uno stipendio importante, i risultati che mancano, l’orgoglio ferito. Uscire dalla crisi è possibile, ma per farlo serve comunione d’intenti e, soprattutto, giocatori al 100% che al momento mancano. Tutti hanno ragione e tutti hanno torto, tutti sono responsabili e nessuno lo è. L’unico fatto è che la squadra manca sempre di qualcosa, un giorno è la difesa un altro è la finalizzazione, un altro ancora la compattezza della mediana. Chi sia il colpevole non è più importante, ciò che dovrebbe contare è l’obiettivo. Senza, come detto da tutti i protagonisti, perdersi in chiacchiere.

Matteo Zizola

 
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