Non esiste al momento una ricetta vincente per battere la Roma di Claudio Ranieri. Contro il Cagliari è arrivato il tredicesimo risultato utile in Serie A, dieci le vittorie e tre i pareggi, con nessuna delle squadre della colonna destra della classifica che è riuscita a strappare un punteggio positivo né all’Olimpico né in casa. Non c’è riuscito chi ha provato a “fare un gol più dell’avversario” (Pecchia prima della sconfitta 5-0 contro i giallorossi, l’inizio del filotto della squadra di Ranieri), non ce l’ha fatta chi ha cercato di imporre la propria filosofia (Fabregas con il suo Como, risultato 2-1 per la Roma), stesso destino nonostante un calcio più attento per il Genoa di Patrick Vieira (3-1) o per chi ha trovato i giallorossi in serata no come l’Empoli di Roberto D’Aversa (0-1 al Castellani). E non c’è riuscito infine Davide Nicola che ha tentato di unire l’attesa al non rinunciare a colpire con il passare dei minuti.
Idea
L’allenatore rossoblù ha scelto una strategia basata sulla struttura più che sui fronzoli. Poco spazio alla fantasia di gioco, molto alla chiusura delle linee di passaggio e a una pressione più orientata a sfruttare eventuali errori in costruzione della Roma che a favorirli con l’aggressività alta. Un primo tempo nel quale la bilancia ha pesato maggiormente alla voce compattezza piuttosto che a quella del ripartire con coraggio, possibilità limitata peraltro nelle diverse occasioni potenziali dalla fretta dei giocatori più tecnici (Prati e Viola) e dalle qualità più di rottura di Adopo e Deiola.
Fin dal calcio d’inizio la scelta di Nicola è apparsa evidente. Un 5-3-2 con i reparti corti in orizzontale e con la chiusura dei corridoi verticali grazie alla densità data dai due interni di centrocampo uniti al mediano basso Prati. Una decisione che ha dato i propri frutti, forse puntando sulla poca durata fisica della Roma che arrivava dalla fatica di Europa League. Cercando così di rallentare la manovra di un avversario costretto a cercare spazi senza avere il ritmo necessario per crearli e, magari, avere qualche occasione per colpire in transizione.
Le poche volte che il Cagliari è riuscito a congelare il possesso, la struttura generale non cambiava particolarmente. Al contrario di quanto visto con Zappa, con il sostituto scelto da Nicola (Palomino) la strategia rimaneva quella di una retroguardia “dispari”, a cinque senza palla e a tre con la palla. Nessuno scivolamento (se non in rare occasioni) del braccetto da terzino, fosse esso Luperto a sinistra o Palomino, peraltro a piede invertito, a destra. Con Zortea da una parte e Obert dall’altra a controbilanciarsi a vicenda, il primo più offensivo e il secondo più orientato alla composizione della linea a quattro se necessario.
Pur nell’attesa, con il pallino lasciato in mano alla Roma, il Cagliari ha provato a mettere in campo un uomo su uomo misto, una sorta di uomo nella zona nel quale quando c’era la possibilità partiva l’attacco dell’avversario e la ricerca del duello in mezzo al campo. Indicative le posizioni di Luperto e Palomino – e di riflesso quelle di Obert e Zortea – che spesso e volentieri andavano ad aggredire l’uomo nella loro zona fosse esso Soulé o Saelemaekers nella zona difensiva di sinistra o il duo Baldanzi-Angelino a destra. Due catene difensive che hanno funzionato praticamente alla perfezione, creando i presupposti per lasciare praticamente inoperoso Caprile.
Non solo difesa
La cartina di tornasole di un primo tempo più improntato all’attesa che all’offesa è nell’occasione capitata sui piedi di Zortea a pochi minuti dalla fine della prima frazione e in quella precedente con la conclusione di Piccoli da fuori area. Una sorta di manuale della prestazione del Cagliari all’Olimpico e, soprattutto, della mentalità messa in campo nei primi 45 minuti e che nella ripresa è stata cambiata in almeno in dettaglio fondamentale.
La transizione offensiva parte grazie al lavoro della mediana che attacca il possesso della Roma dopo un’incertezza di Kone. Sono quattro i rossoblù nella zona del pallone, il recupero porta Prati a condurre in verticale per poi trovare perfettamente il corridoio per Zortea. Manca però un aspetto fondamentale nell’attacco del Cagliari, sono infatti pochi gli uomini che accompagnano con i centrocampisti che restano nelle loro posizioni.
Così come avvenuto pochi minuti prima, quando Piccoli partendo dall’esterno rientra verso il centro del campo, arriva sulla trequarti e prova un tiro dalla distanza che diventa facile preda di Svilar. Messo da parte l’aspetto dell’attaccante che avrebbe potuto fare una scelta diversa (ad esempio aprire su Zortea), è l’atteggiamento della squadra come collettivo che viene confermato come attento se non attendista. Nella zona evidenziata, infatti, manca un appoggio alla manovra, un’opzione in più che sia Zortea con un altro giocatore ad accompagnare esternamente o un centrocampista che prova l’inserimento senza palla. Invece per Piccoli le soluzioni sono o quasi conservative – allargare sulla destra – oppure completamente rinunciatarie – tenere il pallone e aspettare rinforzi – o ancora estemporanee come quella scelta.
Nella ripresa Nicola decide di liberare maggiormente sia l’esterno di sinistra che uno dei due interni di centrocampo, aggiungendo così un quinto giocatore alle transizioni offensive ancora prima del gol del vantaggio della Roma. L’occasione di Piccoli con la deviazione ravvicinata sventata da Svilar nasce da una conduzione di Palomino nella trequarti giallorossa, con Zortea, Piccoli e Adopo in appoggio alla sua destra e Viola alla sua sinistra. Cinque attaccanti in sostanza, così come sono cinque anche con l’ingresso di Kingstone. La chance sempre per Piccoli, tiro in diagonale sul punteggio di 1-0 per la Roma, vede protagonisti della fase offensiva Zortea in conduzione, le due punte in appoggio e sul lato opposto Deiola e Augello in arrivo.
Black-out
Nell’analizzare la rete che ha deciso la partita ci si è concentrati più sull’angolo dal quale è scaturita che sul come è arrivata la Roma a ottenere il tiro dalla bandierina. L’azione che porta al corner, infatti, è la prima parte di un black-out della fase difensiva rossoblù in una transizione difensiva al quale si aggiunge quello della gestione delle palle inattive. Il Cagliari subisce il gol decisivo di fatto da un angolo a proprio favore, dal quale parte il contropiede giallorosso che porterà al tiro dalla bandierina nell’area opposta. Una squadra che nell’episodio ha dimostrato di non riuscire a mantenere le connessioni tra i singoli per tutti i novanta minuti e di aver bisogno di mantenere la propria struttura compatta per poter ovviare a possibili errori di scelta e valutazione delle individualità.
Il contropiede della Roma parte con Baldanzi in conduzione e il Cagliari in parità numerica in un 3 contro 3 che diventa 5 contro 4 considerando anche l’evidenziato Dovbyk più Prati e Deiola. Da notare la posizione di partenza dell’attaccante ucraino che arriverà pochi istanti dopo a concludere davanti a Caprile. Cinque contro quattro che regge anche quando la Roma arriva nella metà campo del Cagliari ed è qui che inizia il black-out. Il triangolo difensivo ideale formato da Adopo, Zortea e Prati non riesce a coordinarsi nella chiusura del corridoio centrale, con il centrocampista francese che non scala verso il centro, l’ex Spal che non capisce se continuare la corsa su Dovbyk o tagliare verso l’esterno su Saelemaekers e Zortea che deve tenere un occhio sull’accorrente Soulé. Con la zona centrale che è per definizione quella di maggior pericolo, la scelta di Adopo di restare in controllo dell’esterno e di non chiudere la corsa di Dovbyk – dovendo fare meno “strada” di Prati – è la chiave della successiva occasione.
C’è un preciso momento nel quale Prati, seppur in ritardo, cerca di comunicare anche fisicamente con Adopo. Il numero 16 del Cagliari invita il compagno a chiudere il centro, con l’idea probabilmente di provare a tagliare poi lui la strada a Saelemaekers in caso di pallone esterno. Adopo, però, resta sulle gambe, Baldanzi trova il corridoio per Dovbyk, Zortea prova a rimontare senza riuscirci e, infine, Prati devia fortuitamente il tiro del giallorosso destinato a finire a lato. A fine giocata il centrocampista francese del Cagliari sarà appena pochi metri fuori dalla propria area, certificando una reattività assente.
Sulla palla inattiva che porta al gol della Roma in Cagliari difende a zona con il classico castello. Un 4-4-1 più Viola staccato con l’idea di attaccare il cross senza marcature prefissate. Quando il pallone arriva in area sono Piccoli, Adopo e Mina ad andare incontro alla sfera, con il colombiano che si stacca dalla sua posizione lasciando libera la parte vicina a Caprile. L’unico che resta basso è Prati, il cui compito è quello di controllare il palo in un tiro a uscire e non a rientrare. Quando Deiola devia il pallone sono quattro i giocatori della Roma liberi, anche Obert si stacca dalla prima linea più vicina alla porta mentre restano statici i tre della seconda linea, Luperto, Deiola e Palomino. Un condensato di sfortuna, disattenzione e di “eccesso” di volontà che ha portato alla rete che ha sancito la sconfitta, ma che nasce da una mancata collaborazione nell’azione precedente e da una gestione di alcuni momenti ancora da migliorare.
Matteo Zizola