Si può dare di più, senza essere eroi. Frase da canticchiare dalle parti di via Leoncavallo smaltita la gioia per la salvezza diretta in Serie D. La squadra sassarese, per come si era messa parte della stagione, ha fatto il suo centrando la conferma nella categoria, ma è indubbio che per progetto, forza di alcuni singoli e volontà ci si potesse aspettare di più, molto di più, dai biancocelesti nell’ultimo campionato.
Idee
Un’idea a lungo termine, che sappia valorizzare, nuovamente e come da tradizione, il territorio e che sfrutti il legame a doppio nodo con la Torres per diventare una realtà solida e concreta della quarta serie. Questo vuole essere l’obiettivo di un Latte Dolce che nella stagione appena conclusa ha confermato di non essere ancora pronta soprattutto a livello di carattere e di fame per il definitivo salto tra la lotta salvezza e il consolidamento in Serie D. E avere ben chiaro questo traguardo sarà fondamentale nella costruzione della squadra che verrà. Anche perché guardando bene nel panorama sardo delle squadre del primo campionato dilettantistico viene complicato trovare un’altra realtà come quella del Latte Dolce per potenzialità, legami e solidità. Con la spalla rossoblù della Torres che deve essere uno stimolo per la creazione di valore e non un motivo di tranquillità immotivata.
Impressioni
L’impressione è che se questa squadra fosse arrivata ai playout probabilmente sarebbe retrocessa, per un’assenza di una “cazzimma” importante. Nonostante abbia in rosa diversi calciatori sia di esperienza che di carattere e leadership. Servirà dunque una crescita a 360 gradi con la gestione Fini che, a parte qualche blackout, ha mostrato di poter essere quella giusta per costruire e non per dovere nuovamente rivoluzionare e sperimentare. Ed è proprio la continuità la parola chiave per una squadra che non è riuscita a essere costante pur avendo i colpi per stare nella parte sinistra della classifica. Aspetto che difficilmente si allena e che sa più di step di maturità sia per chi muove i fili che per chi vive lo spogliatoio sassarese.
Roberto Pinna