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Nández, Godín e Pereiro, quanto Uruguay nella rincorsa salvezza del Cagliari

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Una rincorsa salvezza dal colore celeste. Non solo quello del cielo una volta che si diradano le nuvole o in contrasto con il rosso delle fiamme dell’inferno. Celeste come la nazionale uruguaiana, celeste come tre protagonisti decisivi che hanno scelto il momento giusto per salire in cattedra.

Simbolo
La copertina charrúa spetta sicuramente a chi della garra ne ha fatto un simbolo e un modo di stare in campo. Nahitan Nández è l’uomo del momento in casa Cagliari, il giocatore che più di ogni altro è venuto fuori prepotentemente quando il gioco si è fatto duro e pericoloso. Non solo una questione di corsa, ma soprattutto di presenza costante nei momenti chiave delle ultime partite. Con la Roma l’antipasto, con il Napoli il piatto principale, con il Benevento il dessert. Numero diciotto sulle spalle, dopo mesi di difficoltà il leone è tornato a ruggire quando in tanti pensavano che il re ferito non fosse più in grado di rialzarsi. Tornato in grande stile, il gol all’ultimo giro di orologio al Diego Armando Maradona e poi i due cioccolatini che hanno dato al Cagliari la vittoria nel Sannio e una salvezza ormai a un passo. Due graffi, il primo dopo un’incursione dentro l’area quasi furtiva a raccogliere il pallone di Zappa e consegnarlo sotto forma di cross al bacio a Pavoletti, il secondo un pallone per Joao Pedro che ha chiesto soltanto di essere depositato nel sacco, dopo che Nández lo aveva tenuto gelosamente tra i piedi in una corsa a perdifiato sulla fascia destra. Le partite importanti chiamano giocatori importanti, il mastino di Punta del Este non si è tirato indietro pronto a dimostrare che se c’è da prendersi responsabilità lui risponde presente. Un giocatore in vetrina, un trascinatore per la salvezza rossoblù e nel futuro chissà.

Lampo di genio
Sguardo triste, passo felpato, piede da numero dieci vero. Sfortuna sì, ma se la stagione del Cagliari ha avuto una svolta contro il Parma lo deve senza se e senza ma a Gastón Pereiro. Dubbi, attesa, poi all’improvviso due lampi che lo hanno riportato alla luce. Spento e poi acceso, non un dimmer che puoi regolare piano piano, ma un giocatore dalla scintilla improvvisa. Sinistro magico, palla sotto l’incrocio opposto con Sepe in tuffo che prova ma non riesce a parare, fotogramma simbolo della rimonta del Cagliari di Semplici. Un gol che magari non basta a rimettere Pereiro in carreggiata, anche perché la dannata sfortuna ha rifatto capolino sul più bello con il nome Covid, ma un gol che sicuramente ha regalato al Tonga un riscatto quasi totale dopo un primo periodo da oggetto misterioso e non solo per sue colpe. Non un giocatore di garra, ma non solo di grinta ha bisogno il Cagliari formato Uruguay e i colpi tanto attesi di Pereiro sono arrivati, assist a Cerri incluso, quando servivano di più.

Comandante
Ingaggio fuori misura, attese elevate, delusione e infine riscatto. Diego Godín ha probabilmente reso molto meno di quanto sperato, ha sicuramente pagato una fase difensiva che poco si sposava con le sue caratteristiche cholistiche, linea bassa e tutti in trincea. Il comandante Godín però sa essere regale nei momenti più importanti e a Benevento, ma non solo, ha messo il suo carisma al servizio della truppa. Né in aria né in terra, nessuno spazio per le scorribande di Lapadula. A Napoli le difficoltà su Osimhen superate con l’esperienza, ma, tolti alcuni passaggi a vuoto, negli ultimi mesi il Cagliari ha iniziato a scoprire il vero Faraone. Meglio tardi che mai, d’altronde quando c’è da mettere il punto Godín non si è mai fatto pregare. Lo sanno a Madrid sponda Atletico – gol di testa che regalò lo scudetto ai Colchoneros al Camp Nou – e lo sanno dalle parti di Montevideo – gol di testa a Buffon per portare l’Uruguay al secondo turno nei mondiali brasiliani. Ecco, forse ciò che è mancato oltre all’affidabilità nei primi mesi sono quelle reti che ha sempre garantito in carriera. Uno a Bergamo all’esordio in maglia rossoblù e poi niente più. Chissà che contro la Fiorentina non arrivi proprio la ciliegina sulla torta, quel timbro che ha sempre messo nei momenti importanti della sua lunga carriera.

Cagliari e Uruguay, un legame che nasce da lontano e che è ormai una costante che non sorprende più. In una stagione che è passata attraverso tutte le fasi possibili, la truppa Celeste ha messo la propria firma quando ormai sembrava tutto perduto. “L’ultima parola nel calcio è la loro”, retorica sì, ma fino a un certo punto.

Matteo Zizola

 
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