Una salvezza va sempre festeggiata. Specie se alcuni dei giocatori più di esperienza, come un certo Daniele Ragatzu, la definiscono una sorta di impresa. In casa Olbia però la stagione appena conclusa, la prima dopo la retrocessione in Serie D, non può non essere considerata un fallimento. Sotto più aspetti.
Momento
Le parole sono importanti griderebbe Nanni Moretti. Chissà se Guido Surace o Benno Raber hanno mai visto Palombella Rossa, quello che è certo è che dalle parte del Nespoli ancora una volta le grandi ambizioni e i grandi progetti sono rimasti vane e vuote parole all’interno di una stagione complicata e dura, con uno sforzo umano immane da parte di tutti tra i bianchi per riuscire ad evitare la seconda retrocessione di fila, che con ogni probabilità avrebbe significato fallimento assicurato. Detto che il futuro, per quello che hanno raccontato passato e presente, è tutto tranne che certo. In estate, dopo il bailamme dell’iscrizione con tanto di ricorso vinto, la proprietà dell’Olbia aveva fatto grandi promesse: una squadra pronta da subito per il salto di categoria, anzi di più, la costruzione di una rosa che sarebbe stata già competitiva anche per la C. E poi i progetti esterni legati a sponsor, internazionalizzazione e strutture. Tutte belle bolle di sapone rimaste per aria il tempo di un fiato.
Futuro
L’annata ha raccontato di un’Olbia che prima si è affidata in toto a Ninni Corda, salvo poi voltargli le spalle. L’all-in su un tecnico con voglia come il campione del mondo Marco Amelia a cui è stata affidata una squadra in ritiro senza un briciolo di organizzazione societaria, poi anche lì le spalle girate e le frecciate nemmeno troppo velate. Il periodo con Gatti e poi la crescita in campo con Ze Maria. Il tutto condito da continui scioperi di staff, dipendenti e calciatori dovuti alle continue promesse non mantenute sugli stipendi e con diversi ritardi sui pagamenti. A metà stagione il “colpo di scena” dell’imprenditore turco. Con tanto di foto al Nespoli e intrighi e chiacchiere. Che come tali sono rimaste e nella terra del Maestrale se l’è portate via il vento. I colpi Ragatzu e Biancu, ma non solo, hanno comunque dato un’ossatura a una rosa dalla quale in qualche modo si potrebbe ripartire di slancio per programmare un’annata futura con altri obiettivi rispetto a una salvezza definita impresa e ottenuta all’ultimo giro di giostra. Ma evitare il fuggi fuggi, che più volte c’è stato dal Nespoli negli ultimi mesi, non sarà comunque facile. Magari provando a vivere un’estate di silenzi e fatti, se fosse possibile. Perché le parole sono importanti, ma trasformare le parole in realtà lo è ancora di più.
Roberto Pinna