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Cagliari, Pavoletti: “Ho ancora il fuoco dentro. Nicola? Ci fidiamo di lui al 100%”

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Lunga intervista di Leonardo Pavoletti al canale della Lega Serie A: vi riportiamo alcune delle dichiarazioni del capitano del Cagliari.

Senso di appartenenza
“Ho pensato sin da subito che ogni giorno passato a Cagliari è come un regalo. Questo l’ho pensato sin dalla prima stagione anche se non erano rose e fiori e non ero ancora riuscito a entrare nel cuore dei tifosi. Cagliari mi ha studiato, ha voluto capire che uomo fossi, mi hanno accettato ed è nato il vero amore. Io non posso che fare altrimenti con loro, qua è un vivere troppo bello. Io lo apprezzo, così come molti miei compagni e anche quelli che sono andati via tornano appena possono. Sono contento di vivere il valore di Cagliari e diffondere il messaggio. Mi sento adottato da questa città, mi sento un cagliaritano, vivo la città e la penso come loro. Sto diventando sempre più sardo, anche questa cosa mi piace”.

Su Gigi Riva
“Essere paragonato a lui fa piacere, ma bisogna dosare le parole (ride ndr). Abbiamo però riscontrato entrambi i principi di questa città, vivere il quotidiano come persona e non come calciatore sono cose che non si possono comprare”.

Su Ranieri e Nicola
“Mister Ranieri è stato fantastico, senza di lui non saremo tornati dove siamo oggi. Ci ha dato tanto. Il passaggio a un altro allenatore non era semplice, poche persone avrebbero potuto prendere il suo scettro. Nicola lo sta facendo alla grande, ti dice le cose in faccia e abbiamo respirato subito cose positive e non abbiamo sentito lo stacco del passaggio. Lavora molto bene, ci troviamo molto bene anche in campo. Abbiamo pensato tutti che siamo in buone mani, fidiamoci di lui al 100%. Parlo molto con il mister, sta dimostrando di tenerci e ha sempre un occhio di riguardo per me. Non abbiamo mai discusso sul mio minutaggio, parliamo del Cagliari per trovare sempre la soluzione migliore per tutti. Il mister diventa bravo solo se tutti lo seguono, Nicola mi piace perché parla e ascolta, interpretando i messaggi dei giocatori”.

Futuro
“La mia carriera si sta esaurendo. Devi capire cosa puoi prendere da quello che ti viene offerto. Ci sono varie fasi della carriera, crescendo devi capire le sfumature e i valori importanti che servono al club. Non potendo giocare tante partite, cerco di ritagliarmi uno spazio. L’ho fatto anche a Napoli in quei sei mesi in cui non giocavo mai, facevo da collante al gruppo e serviva un ragazzo che portasse leggerezza e capacità di entrare in simpatia con gli altri. Cerco sempre di trovare il buono di ogni situazione. Ora devo essere collante tra squadra, mister e società, mi sto costruendo una professionalità che pensavo di non avere. Mi sono trovato nel corso degli anni a Cagliari ad affrontare una retrocessione e salutare tanti giocatori importanti che sono andati via, quindi mi è toccato prendere la situazione in mano e cerco di portarla avanti. Allenatore in futuro? Difficile, non mi fa impazzire come ruolo e per ora lo escluderei. Lo potrò capire solo se dovessi provare e capire cosa c’è nel mio bagaglio di esperienza”.

Pensieri
“C’è stata una piccola parentesi in cui ho pensato di poter andare via per giocare dopo il mio secondo infortunio. Mi ritrovai terzo attaccante e iniziai a pensare in quella finestra di gennaio di andare via, ma solo per dimostrare che Pavoletti potesse giocare ancora in Serie A. Poi le cose cambiarono con un cambio in panchina, feci qualche gol e ritornai importante. Fu l’unico momento dove pensai di andare via”

Gol pesanti
“Forse avrei potuto pretendere qualcosa in più dalla mia carriera, ma non mi sono mai sentito Pavoletti calciatore. Ho avuto momenti importanti, sono fortunato e grato di essermi fatto trovare pronto in quel momento. Sono fiero di quanto fatto in allenamento, ma l’importanza del gol o di quello che ha suscitato non ci ho mai pensato. A Bari finita la partita ero arrabbiato perché avevo giocato solo 5′ e pensavo di non farcela a mettere il segno. Difficile possa ricapitare qualcosa del genere. Non mi sono goduto quello che ho fatto, può essere un bene o un male, ma io sono fatto così. Cinismo? Ci lavori molto mentalmente, ma anche l’abitudine di giocare 10-15-20 minuti che equivalgono alla partita di un’altra giocatore. I palloni da giocare sono meno e hanno un peso maggiore, sai che devi essere con la testa a duemila. Entrare in campo e sapere cosa devi fare. Devi essere sveglio a capire cosa serve la squadre e come puoi aiutarla, alcune volte ci sono riuscito altre no. Ragiono forse più per gli altri, forse è stato un male per la mia carriera, ma mi piace rendere orgogliosi i miei compagni; non ce la farei mai a fare l’egoista, credo molto nel gruppo, ma anche litigando e discutendo. Sono molto ruvido su concentrazione e voglia di allenarsi, se cerco di far contento il mio compagno penso che questo sia il premio più bello in uno sport di squadra”.

Rimpianti
“Non mi sono mai lamentato, ho sempre lavorato. Con il lavoro poi le cose vanno bene. A Napoli forse sarei potuto rimanere, magari con qualche mese in più sarei potuto diventare importante. Poi però spuntò l’idea Cagliari che mi allettava molto, per come vedevo io la vita la scelta mi ispirava”

Ruolo
“Un nuovo Pavoletti? Penso che il calcio vada nella direzione che tutti devono saper fare tutto. C’è più velocità, magari meno estetica. Nel calcio è tutto più veloce, anche lo spettatore vuole vedere partite con molte azioni. Magari si vedono più errori e più gol. Vedo tanti attaccanti bravissimi in tante cose, ma non hanno il loro colpo. Con i miei compagni non parlo molto su insegnare la tecnica, piano piano però ci scambiamo dei consigli, tante cose piccole che con il lavoro quotidiano che potrebbero servire. Sono contento se in futuro un compagno mi dirà che su un mio consiglio sia arrivato un gol”

Emozioni
“L’emozione più grande della carriera l’ho provata entrando negli spogliatoi a Sassuolo con il numero scelto da me e il mio nome. Capii di essere arrivato nel calcio che sognavo da bambino. Poi magari ci sono i gol a una grande, come quello con il Genoa all’Inter, ma quella maglia e il numero è stata la mia più grande emozione”.

Bandiera
“Finire qua la carriera è un’ipotesi molto concreta. La prospettiva è quella, non vorrei trascinarmi troppo in avanti. Accetto di stare in panchina, ma ancora non l’ho accettato al 100%. Capisco che il mio ruolo è cambiato ed è quello di mediare tra tecnico e squadra, ma mi sento ancora un calciatore. Sento ancora questo fuoco dentro, ho ancora da dare e ho qualche obiettivo da raggiungere. Per esempio vorrei vincere un uomo partita in Serie A. I numeri e le velocità sono diverse da qualche anno, ma la testa è sempre sul campo e se ho questa voglia e fame voglio continuare. Voglio essere utile, se mi arrivano delle gioie personali significa che sono gioie anche per la squadra”

Obiettivi
“La salvezza il prima possibile. Pensiamo giorno per giorno, ma mi piacerebbe far vivere una salvezza serena a questa città e non alle ultime giornate. Però se dobbiamo lottare fino alla fine lo faremo, siamo abituati a farlo”.

Su Caprile
“Portiere veramente forte. Sin dal secondo giorno sapeva il nome di battesimo di tutti, si era calato da subito nella mentalità. Se arrivi così, i risultati sono una conseguenza e non un caso. L’attenzione e la voglia con cui è venuto qua è impressionante”.

La Redazione

 

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