Era il 21 novembre del 2022, pochi mesi dopo una retrocessione dai contorni dell’incubo decisa con lo 0-0 di Venezia. Un mese prima, 26 ottobre, il presidente Tommaso Giulini aveva deciso di separarsi da Stefano Capozucca (insieme al direttore generale Mario Passetti) lasciando così vacante il posto da direttore sportivo. Così ecco che a diventare l’uomo mercato del Cagliari è Nereo Bonato e, appena un mese dopo e poco più, anche il cambio di guida tecnica: via Fabio Liverani, dentro Claudio Ranieri. Il resto è storia, fino all’attualità con Davide Nicola sostituito da Fabio Pisacane in panchina. E con Bonato in bilico, per usare un eufemismo.
Meno
Le settimane della scelta e dei partiti contrapposti. Da una parte il governo, con il presidente Giulini a gestire in prima persona decreti e decisioni finali. Dall’altra l’opposizione, serena e non del muro contro muro, con il diesse Bonato a provare la strada del condottiero più esperto. Alla fine nessun colpo di teatro, nessuna questione di fiducia per pesarsi. Pisacane allenatore, Vanoli e gli altri considerati il tanto giusto per non incrinare i rapporti tra chi siede tra i banchi del governo e chi tra quelli opposti. Da qui nascono i dubbi sul futuro di Bonato a Cagliari? No, o meglio non completamente. Perché quanto vissuto nelle ultime settimane è solo la conclusione di un percorso partito da più lontano. Dalla scelta di Nicola per il post Ranieri, ad esempio. Con la società rossoblù che ha investito per strapparlo ai toscani, con l’idea di un progetto che portasse sì alla salvezza, ma non solo. Consolidamento e crescita, in campo e soprattutto negli asset tecnici del club. La gestione della rosa, la gestione ancora di più delle dinamiche comunicative interne, un rapporto con la proprietà mai decollato davvero. Questi i punti che hanno portato all’addio, assieme a una classifica identica alla stagione precedente nei punti e nei tempi del raggiungimento del traguardo salvezza. Eppure il lavoro di Bonato è stato apprezzato, il quadro generale ritenuto positivo nonostante il tema Nicola. E nonostante alcuni aspetti negativi che comunque sono stati compensati dai tanti segni più. Difficile pensare che non abbia inciso la questione “attaccante” nel mercato di gennaio, ad esempio. L’arrivo di Florinel Coman presentato come frutto di una scelta ponderata, smentita però dalle dichiarazioni del suo agente Federico Pastorello rilasciate a TMW lo scorso febbraio: “Ho ricevuto un messaggio del diesse del Cagliari Bonato che cercava una punta. Gli ho detto che un centravanti a quel punto era impossibile, allora mi dice un esterno“. E difficile non ricordare alcuni investimenti non riusciti, come Mateusz Wieteska dal Clermont (5 milioni di euro) e Pantelis Hatzidiakos dall’AZ Alkmaar (2 milioni), scelti da Bonato e avvallati da Ranieri. Spese che hanno probabilmente avuto il loro peso nelle valutazioni sul diesse rossoblù.
Eredità e futuro
Non è tutto oro quello che luccica, allo stesso tempo però pensare che possa esistere la perfezione è utopico. Bonato, dal canto suo, ha sempre sottolineato come sul mercato l’importante fosse (e sia) ridurre al minimo gli errori. Ossia, le imperfezioni esistono, inutile sperare nel contrario. Valutare il suo operato pesandole rispetto agli aspetti positivi è fondamentale, a prescindere dalle decisioni che verranno prese. Partendo da una premessa: il Cagliari avrebbe pensato a un nuovo ruolo per Bonato, compiti che, fatte le dovute proporzioni, sarebbero simili a quelli di Giovanni Sartori a Bologna. Supervisione di un team di lavoro come responsabile dell’area tecnica, vicino a lui un nuovo direttore sportivo (l’equivalente del Marco Di Vaio degli emiliani) e un responsabile scouting (il Dario Rossi del Bologna). Con un dubbio che, verosimilmente, passa nella mente del diesse rossoblù. Ossia quello relativo ai poteri, quando lo spazio di manovra e quanto lo spazio per decidere e incidere davvero. Il precedente attuale della scelta dell’allenatore non può che porre domande, d’altronde. Con la figura di Roberto Muzzi a far parte della “triade”, una figura per certi versi ingombrante come già visto in passato quando arrivò l’addio di Capozucca. E un’altra figura, probabilmente “interna”, a completare il tutto. Per questo non è da escludere che sia proprio Bonato a mettersi da parte, magari trovando un’altra sistemazione (ritorno a Cremona?) o con una risoluzione consensuale che non lasci strascichi. Il contratto in scadenza nel 2026 verrebbe così interrotto in anticipo, mettendo fine a un percorso che – al netto di alcune criticità – non può non essere giudicato positivamente. Un ruolo da ministro senza portafoglio, impegnato fin da subito a correggere danni del passato, abbassare il monte ingaggi e raccogliere fondi con cessioni mirate per trovare lo spazio di manovra in entrata. Certo, alcuni investimenti non hanno pagato, ma l’elenco delle mosse riuscite non è così corto: le cessioni di Dossena e Sulemana, gli arrivi di Zortea e Luperto, i prestiti con diritto che diventeranno acquisti definitivi di Caprile, Adopo e Piccoli. Le mosse di gennaio 2023 con Mina e Gaetano, le conferme del difensore e del trequartista anche l’anno successivo. E, soprattutto, quello che è il vero risultato di Bonato nei due anni e mezzo in carica: non solo aver risanato i conti senza per questo perdere di vista i risultati sportivi (promozione e due salvezze), ma più di ogni altra cosa l’aver allacciato rapporti di reciproca fiducia con club virtuosi come Atalanta e Napoli. Con un Cagliari che sembrava prima del suo arrivo avere poco spazio di manovra nell’ambiente del mercato, pochi agenti ad ascoltare le necessità e poche società ad aprire la porta per trattative da win-win. Con Bonato, invece, le rotte Cagliari-Napoli e Cagliari-Bergamo sono diventate fondamentali, così come i rapporti in divenire con una società in rapida crescita come il Como. Insomma, il futuro tecnico con Pisacane è una scommessa che può essere vinta e che rappresenta una discontinuità con un passato fatto di scelte alla voce allenatori quasi mai vincenti. Il futuro fuori dal campo, invece, un’incognita che mette più di un dubbio: perché il lavoro di Bonato è stato positivo e già di discontinuità, perché il rischio di fare un passo indietro nella gestione e nei rapporti non è da sottovalutare.
Matteo Zizola