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Dinamo, Diop: “Sassari è casa. Bucchi mi ha dato fiducia, ha visto in me qualcosa”

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Una lunga chiacchierata a cuore aperto quella fatta da Ousmane Diop sui canali de LaGiornataTipo. Un’intervista piacevole ed emozionante in cui il numero 25 dei biancoblù ha parlato della sua infanzia, dei suoi sogni ma anche dei suoi traguardi. Di seguito vi proponiamo un estratto delle sue parole.

Sulla sua infanzia

“Sono voluto diventare un giocatore di basket per aiutare la mia famiglia, è sempre stato questo il mio obiettivo. Ho detto: “Io non torno in Senegal finché non sono riuscito a comprare la casa per i miei genitori e la mia famiglia”. In Senegal abitavo a cinque minuti dal mare, la prima cosa che facevo dopo scuola era quella di andare in spiaggia con i miei amici. Io da piccolo non ero un bambino tranquillo, quando mi si chiedeva di fare qualcosa io facevo l’opposto. Infatti ne ho preso tante (ride ndr). 

Sul suo arrivo in Italia

“Sapevo che prima o poi avrei dovuto lasciare casa. La famiglia Caruso chiese a mio padre se potevano portarmi in Italia con loro per giocare a basket. Io sapevo solo che dovevo giocare e studiare. Non è facile lasciare il proprio paese a 13 anni senza conoscere la lingua. Ma subito al mio arrivo in Italia mi hanno fatto sentire a casa. Mi hanno dato un piccolo appartamento in cui stare. Prima dormivo in un letto singolo con mio fratello e mio cugino, poi arrivi in Italia e ti danno una piccola casa tutta per te e pensi: “Forse qualcosa sta cambiando”. A Udine ho giocato per 5 anni, ho fatto tutte le categorie. Il mio ultimo anno ho giocato quattro campionati, ma partecipando a tutte le partite dalla Under 18, all’Under 20, passando per la Serie C fino ad arrivare con la A2. 

Sull’esperienza a Sassari

“Non sapevo neanche dov’era Sassari. Coach Bucchi con me ha fatto un lavoro straordinario. Mi ha dato fiducia, lui ha visto in me qualcosa. Mi ha fatto sfruttare al meglio le potenzialità per aiutare la mia squadra. Sono da quattro anni a Sassari, mi sento come a casa, qua mi trovo bene con tutti quanti. Da quando sono alla Dinamo non abbiamo mai iniziato bene il campionato, una volta siamo andati in finale e in due in semifinale. Vediamo quest’anno se magari riusciamo a vincere lo Scudetto”.

Sul suo ritorno in Senegal

“Ho passato ben 9 anni senza vedere i miei genitori, io sono stato bene in Italia con la mia famiglia italiana. Mi hanno dato tutto, però non vedere la mia famiglia vera è stato pesante. Quel giorno, quando li ho rincontrati dopo così tanto tempo, ha ripagato tutti questi 9 anni di lontananza. Il giorno prima di tornare a casa stavo piangendo, mi immaginavo la situazione. Appena sono arrivato sembrava che fosse arrivato chissà chi. Il primo che ho visto è stato mio padre che mi attendeva fuori dalla porta di casa. Come l’ho visto l’ho subito abbracciato, un gesto spontaneo che mai avevo fatto prima. Mia madre è una delle persone più belle che conosco, lei per me è speciale. Ci ha cresciuto bene, mio padre lavorava e lei ha fatto veramente tanto per noi. Poi sono arrivate le mie sorelle, erano altissime. Il mio sogno era quello di comprare la casa ai miei. Questo è stato sempre l’obiettivo. Io ho vissuto la povertà, so cosa vuol dire dover rinunciare a un pasto”. 

Su un episodio di razzismo che ha vissuto in passato

“Una volta, insieme ad altri tre ragazzi di colore che giocavano con me, quando ero a Udine e disputavo la Serie C, dal pubblico ci insultarono. Ci diedero della “scimmia”. Chi fa questo non non ha nulla da perdere, io sì. Una reazione sbagliata rovinerebbe non solo me, ma tutta la mia famiglia. Nonostante sia un qualcosa di pesante, detto da una persona stupida, privilegiata e che non ha vissuto quello che ho passato, io non posso permettermi di mandare all’aria tutto quello che ho ottenuto”. 

Sulla chiamata in Nazionale

“Mi sento senegalese, sono molto legato al Senegal. Mi chiedevo spesso perché non mi chiamassero in Nazionale. Ho giocato in A2, stavo facendo bene con la Dinamo però ancora nulla. Poi un giorno mi hanno contattato e questa estate sono andato a giocare con il Senegal. Giocare con la Nazionale è diverso”.

Futuro

“L’Italia è una seconda casa, mi ha dato la possibilità di realizzare tutti i miei sogni da ragazzino. I miei sanno che come voglio bene a loro, voglio bene anche alla mia famiglia italiana. Credo che quando finirò la mia carriera vivrò qua”. 

La Redazione

 
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