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Enzo Francescoli

Francescoli: “A Cagliari ho imparato tanto”

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Un estratto delle dichiarazioni dei protagonisti della festa social organizzata dal Cagliari Calcio in occasione del Centenario.

Gli eroi dello Scudetto: Beppe Tomasini e Ricky Albertosi

Così Tomasini sulla cavalcata che valse lo Scudetto: “Il mio più bel ricordo? Forse il telegramma mandato a Gigi: il sabato prima della gara di Torino contro la Juventus pensavo alla gara, pensavo a loro e decisi di mandare un telegramma a Gigi. Lui un po’ se la prese per via della responsabilità che gli stavo dando, visto che lui diceva “siamo in 11, non ci sono solo io”, ma sapevo che era del tutto capace di trascinarci”. Un rimpianto? “Sicuramente il Mondiale in Messico, l’infortunio mi segnò la carriera: io ero il libero difensivo più giovane della A, gli altri erano più anziani come Castano, Malatrasi e altri. Se fossi andato in Messico mi avrebbero sicuramente venduto. Ma va bene così: in tanti siamo rimasti in Sardegna perché è il posto ideale dove vivere, senza nessuno che ti venga a disturbare, dove si può lavorare in pace come non succede in tutte le altre piazze d’Italia”.

Queste le parole di Enrico Albertosi: “L’esperienza a Cagliari fu una grande avventura, dividevo la stanza con Gigi Riva, anche se io mi addormentavo molto prima di lui: lui continuava a fumare e a chiacchierare, poi al mattino mi diceva “ti sei girato mentre ti parlavo”, ma questo era Gigi. Il mio rapporto con i compagni? Eravamo tutti uniti, si scherzava e si rideva. Abbiamo sempre lottato, probabilmente senza l’infortunio di Gigi avremmo vinto qualcosa anche il terzo anno. Il rapporto con i compagni? Bellissimo, anche se ero abituato a gridargli di tutto perché da dietro vedevo tutto il gioco: spesso li rimproveravo anche se facevo qualche errore, perché era un modo di non far capire agli avversari che avevo sbagliato, ma loro lo sapevano”.

Il binomio di inizio anni Novanta: Claudio Ranieri e il Principe Francescoli

Così Claudio Ranieri ricorda il suo primo anno in Serie A: “Eravamo tutti esordienti, se non ricordo male c’era solo Matteoli con un bel po’ di esperienza. C’eravamo rinforzati con i tre uruguaiani, ma al girone d’andata eravamo più sotto dell’ultima in classifica. Allora non si cambiava, quando eravamo in difficoltà cambiavo tutto e nei primi 20′ gli avversari non riuscivano subito a prendere le misure. Dopo i risultati contro Juventus e Sampdoria la squadra prese consapevolezza dei mezzi, anche grazie al fatto che non si mollava mai. E alla fine ci siamo salvati con una giornata d’anticipo, a coronare tre anni davvero splendidi. Il legame con Cagliari è davvero straordinario, perché è stata la mia favola: ero sconosciuto, in parecchi mi dicevano che mi sarei bruciato. Ho fatto bingo perché trovai una dirigenza stupenda, mi accolsero come uno di loro: riuscimmo a instaurare un rapporto bellissimo, furono tre anni meravigliosi. La gestione di Enzo? Sono sempre stato tranquillo, sapevo che come ogni campione straniero avrebbe dovuto ambientarsi: ero sicuro che si sarebbe sbloccato e ci avrebbe portato alla salvezza. Io mi sento parte della famiglia cagliaritana, sempre”. 

Enzo Francescoli“Sono arrivato a Cagliari con tante aspettative su di me, e i primi mesi sono stati durissimi. Dopo Italia ’90 non stavo benissimo, ma il mister e la società mi sono sempre stati vicini: Ranieri mi ha sempre messo in campo, alla lunga questo ha pagato perché poi nella seconda parte di campionato abbiamo dato tutto. Fu un anno strano e importante per me, che mi servì molto. Ricordi della mia carriera? Ho fatto bene e male come tutti i calciatori, sicuramente il primo anno di Cagliari fu importante soprattutto da uomo, perché lì incontrai le difficoltà, visto che ero abituato a giocare in grandi squadre: in rossoblù ho imparato tantissimo e di questo ringrazio sempre il mister e la società. Rimpianto Coppa Uefa? Sicuramente giocare una coppa è importante, ma nel calcio i momenti così succedono spesso”. 

I leader della cavalcata in Coppa Uefa: Matteoli e Lulù Oliveira

Lulù Oliveira: “Gianfranco è stato fondamentale nel mio inserimento: quando arrivai a Cagliari ebbi difficoltà con il gruppo per il mio modo di giocare, dato che ero abituato al campionato belga dove potevo andarmene facilmente in dribbling, a differenza di quello italiano. Ascoltando una persona più esperta di me come lui ho imparato tanto: era un grande capitano, trascinatore, ma soprattutto un grande uomo. Malines? C’era l’allenatore della nazionale belga, per me era una spinta ulteriore: e pure poter fare gol a Preud’Homme, cui in Belgio non avevo mai segnato, fu una cosa straordinaria. Così come giocare quasi come se fossimo in casa, fu una vittoria veramente importante”. 

Gianfranco Matteoli“La sfida di Malines? Una serata speciale, con un campo impraticabile. Noi eravamo sicuramente sfavoriti, ma la serata si è messa benissimo: abbiamo giocato alla grande, da vera squadra, portando a casa un risultato storico davanti ai nostri tifosi arrivati da tutta Europa. Lulù poteva ambire a una grande squadra, è uno degli attaccanti più forti con cui abbia mai giocato. Io antenato di Pirlo? Ora mi rivedo in Verratti, quando lo vedo giocare mi ricorda qualche mia giocata, mi fa rivivere un po’ il calcio. Per affermarmi fuori dalla Sardegna ho dovuto lottare, giocando in tutte le categorie: nessuno mi ha regalato nulla, ma se devo qualcosa a qualcuno lo devo a Mino Favini che ora non c’è più, che mi prese nel Como nonostante qualcuno dicesse che non potevo giocare a certi livelli. Rimpianto? La semifinale di Uefa: se avessimo vinto, saremmo rimasti in eterno nella memoria di tutte le generazioni, dato che nel calcio ci si ricorda sempre di chi vince”. 

 

 
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