Con la Torres vicina all’annuncio di Michele Pazienza come nuovo tecnico dei rossoblù per la prossima stagione, abbiamo intervistato i colleghi di Prima Tivvù Michelangelo Freda e quello di Edicola Cerignola Emanuele Parlati che ci hanno parlato del tecnico pugliese, della sua identità di gioco, dei pregi e dei difetti emersi durante le precedenti esperienze vissute all’Avellino e all’Audace Cerignola. Di seguito le loro dichiarazioni.
Michele Pazienza è ormai prossimo alla firma con la Torres, profilo che voi conoscete molto bene.
Freda: “La sua esperienza all’inizio è stata molto positiva. È arrivato nel settembre 2023 a guidare una squadra che non aveva trovato il giusto feeling con Massimo Rastelli, con un rendimento non all’altezza delle aspettative che aveva tolto serenità all’ambiente. Ad Avellino c’era molto entusiasmo per questa scelta perché era un allenatore emergente che a Cerignola aveva dimostrato di saper fare molto bene con i giovani e con una squadra concreta. Poi, da dicembre, questo entusiasmo è andato scemando per quanto visto in campo, con poche emozioni regalate alla piazza. Dopo la semifinale playoff persa contro il Vicenza, in molti in città hanno chiesto il suo esonero, perché non era riuscito a dare un’impronta forte a una squadra di assoluto livello e per una certa difficoltà a livello comunicativo con l’ambiente. Se volessimo fare un paragone automobilistico, la sensazione è che Pazienza ad Avellino abbia avuto una Ferrari tra le mani, ma senza essere in grado di guidarla al meglio. A mio avviso gli è stato fatale il 2-2 interno contro la Juve Stabia (13 gennaio 2024). In quell’occasione, con i lupi avanti 2-1, non è riuscito a dare equilibrio alla squadra, senza fare contenimento sugli avversari e la squadra ha subito il 2-2 a tempo scaduto, su una punizione evitabile. Da quel momento per l’Avellino è stato una discesa costante”.
Parlati: “Pazienza a Cerignola ha riscattato un inizio di carriera non proprio felice, dopo gli esoneri di Pisa e Siracusa. Ha iniziato questa esperienza contando sulla fiducia incondizionata della proprietà e del direttore sportivo Elio Di Toro che lo aveva scelto. Il primo anno si concluse in crescendo, con un settimo posto in Serie D nel primo anno post Covid, con una formazione molto giovane. Già in quell’occasione si vedevano quelle caratteristiche che poi portarono Pazienza a stravincere il campionato di quarta serie l’anno successivo, con una formazione votata a cattiveria agonistica, determinazione e con elementi di spessore. Questo percorso si è poi concretizzato nel primo anno tra i professionisti, in cui dopo aver riportato la società in Serie C dopo 85 anni, ha ottenuto un fantastico quinto posto e un’eliminazione alle soglie dei quarti di finale di playoff per mano del Foggia. Sicuramente Pazienza ha lasciato un grandissimo ricordo a Cerignola e in eredità la cultura del lavoro, del non mollare mai, dell’impegnarsi allenamento dopo allenamento credendoci sempre. Non era partito bene nell’anno che ha portato poi al salto di categoria, perché il Cerignola era attardato rispetto al gruppo di testa. Nella fine di ottobre, società, giocatori e staff fecero quadrato confermando piena fiducia al mister che inanellò una serie di risultati utili che portò alla vittoria del campionato. Ha lasciato una metodologia di lavoro puntigliosa, poi va da sé, che chi vince, passa alla storia ed entra negli archivi. Nonostante questo, sono state tre stagioni intense e di crescita reciproca, sia per Pazienza nel ruolo di allenatore, che per la società guidata dal tecnico di San Severo”.
Che allenatore è Pazienza e qual è la sua idea di calcio?
Freda: “A me l’idea di calcio di Pazienza è sempre piaciuta. Il suo difetto, a mio modo di vedere, è stato forse quello di non riuscire a trovare la giusta armonia con lo spogliatoio, ricco di calciatori di grande esperienza. Ed è accaduto anche a Benevento. È un allenatore che ha idee di gioco ed è in grado di svilupparle in un ambiente con poche pressioni, con tanti giovani da valorizzare e poche prime donne. Per questo, secondo me, alla Torres potrebbe fare bene. È una piazza con una tifoseria certamente calda, ma senza enormi pressioni e con tanti giovani con cui poter lavorare, cosa in cui sa essere molto bravo come ha dimostrato a Cerignola. Ad Avellino nel girone di ritorno qualcosa in campo si è inceppato, anche per alcune sue scelte come lo schieramento di giocatori in ruoli non propriamente di loro competenza. È esemplare il caso di D’Ausilio, utilizzato come mezz’ala ma che si esprime meglio dieci metri più avanti. Non è un caso, infatti, che dopo la separazione con Pazienza lui sia esploso, facendo diversi assist in una posizione più avanzata. Per me Pazienza potrebbe essere l’allenatore adatto al progetto Torres soprattutto se si prevede di puntare su giovani motivati, pronti ad ascoltarlo. È un allenatore ambizioso, ma spesso questa ambizione sfocia quasi in presunzione, come nell’accettare la proposta del Benevento a mercato chiuso, con poche possibilità di incidere sulle scelte. Credo che questo sia il suo più grande limite, su cui spero avrà modo di lavorare”.
Parlati: “In Serie D, soprattutto nella prima stagione, ha valorizzato dei giocatori che sono arrivati su palcoscenici importanti. Penso a Ismail Achik che proseguendo questo percorso di crescita è poi sbarcato al Bari. Lo stesso vale per Mehdi Dorval, uno dei punti di riferimento nell’anno in cui si vinse tra i dilettanti passando in C o, ancora, De Cristofaro poi passato all’Avellino. È sempre riuscito a lavorare e valorizzare tanti giocatori. Con lui, diversi giovani, hanno avuto modo di esprimersi al meglio per poi sbracare in realtà importanti ottenendo risultati”.
Quali sono le peculiarità e i punti di forza del gioco di Pazienza?
Freda: “Tra i pregi, ha sicuramente una buona visione della difesa. Sa gestire molto bene sia il reparto arretrato che il centrocampo, riuscendo a farli comunicare molto bene. Ad Avellino si è sempre vista una squadra con due linee molto compatte, che con il 3-5-2 era realmente allineata e non a caso gli avversari, facevano fatica a segnare. Questo, però, spesso a scapito del fronte offensivo, in cui non è riuscito a valorizzare appieno i grandi giocatori. A lui piace molto giocare in maniera orizzontale, non verticale, affidandosi spesso al passaggio indietro. La sua idea di gioco punta sul portare 4 o 5 elementi all’interno dell’area di rigore, con gli inserimenti delle mezze ali: in questo, infatti, un giocatore come De Cristofaro, che ha delle ottime caratteristiche di inserimento, ha fatto bene sia a Cerignola che ad Avellino. Sull’identità di gioco posso dire che Pazienza fa un calcio concreto, che bada al sodo più che allo spettacolo. Ad Avellino, soprattutto all’inizio, doveva vincere e si è vinto, ma con il passare del tempo gli avversari hanno iniziato a prendere le misure. Ciò che si può contestare del Pazienza avellinese è che la sensazione che la sua squadra avesse difficoltà a tenere le partite in pugno, con una sofferenza costante e la percezione che mancasse equilibrio. Se lui riuscisse a migliorare il suo carattere, riuscendo a parlare e confrontarsi con lo spogliatoio e la piazza, potrebbe diventare un grande allenatore. I giocatori dopo il suo addio hanno ribadito che Raffaele Biancolino, subentrato a Pazienza, ha restituito serenità. Deve migliorare questo aspetto, ma una realtà come la Torres può solo aiutarlo a crescere ulteriormente per capire gli errori commessi in piazze come Avellino e Benevento, proiettandosi al meglio in una dimensione più a sua misura, dove c’è il tempo per poter lavorare. Credo sia un allenatore che va fatto lavorare con serenità, con una migliore gestione della pressione rispetto al passato”.
Parlati: “La chiave è la stessa che sta contraddistinguendo il Cerignola in questi ultimi anni: la grande armonia a tutti i livelli, da quello dirigenziale e societario fino ad allenatori e calciatori. Questo è un ambiente in cui si lavora bene senza eccessive pressioni, dandoti modo di fare le cose con calma e senza farsi prendere la mano nei momenti negativi. Oltre questo, poi, c’è la componente Di Toro (direttore sportivo del Cerignola, ndr): fu lui a scegliere Pazienza come tecnico in seguito all’esperienza da giocatore condivisa al Foggia. Entrambi conoscevano le proprie qualità e quindi hanno proseguito questa avventura, non soltanto in mezzo al campo, ma chi in panchina e chi dietro una scrivania. Questo ha prodotto degli evidenti frutti. Inoltre, si sono allineate diverse condizioni: la qualità dell’organico, la serenità dell’ambiente e anche una programmazione pluriennale i cui frutti si vedono tutt’ora, soprattutto per quanto riguarda il Cerignola. Indubbiamente Pazienza, ha sempre riscosso il plauso della piazza. Il pregio principale nella sua idea di gioco? L’idea di gioco di Pazienza è la stessa che anche lui, spesso, ha ribadito in tante interviste nell’esperienza qui a Cerignola. Il suo modo di giocare rispecchia il suo modo di fare da giocatore, quindi le sue squadre sono aggressive, danno l’anima, i giocatori sudano la maglietta fino all’ultimo secondo di gioco. Io penso che anche nelle avventure successive a quelle del Cerignola e, quindi, anche in questa in procinto di iniziare, il tecnico sappia inculcare, soprattutto a partire da questi aspetti, quello che sarà il suo lavoro: una squadra operaia, ma che lotterà su ogni centimetro senza mai arretrare la gamba e quindi molto combattiva e grintosa”.
Giuseppe Meloni