Una mezz’ora quasi perfetta: un gol valido, uno annullato per un paio (all’italiana, non alla sarda) di centimetri e un palo su punizione, ma soprattutto una superiorità importante a livello di gestione. Poi il buio, o quasi. Cagliari-Genoa è finita 1-1 e per fortuna dei rossoblù e del loro allenatore Davide Nicola il Grifone non ha saputo (o voluto?) insistere alla ricerca del gol della vittoria, che avrebbe messo Pavoletti e compagni in un bel pasticcio. Più a livello umorale che di classifica.
Approccio giusto, poi…
E dire che l’approccio al match del Cagliari era stato ideale: con una catena inedita sulla sinistra, formata da Obert – positivo a Bologna, nonostante il giallo ingenuo – e soprattutto con l’esordio da titolare di Florinel Coman, l’uomo più atteso della serata. Dopo i primi minuti passati a capire come fare male al Genoa, i rossoblù di Nicola hanno calato i propri assi in pochissimo tempo. Tra il gol annullato a Piccoli – su verticalizzazione da numero 10 di Obert – e quello convalidato a Viola sono passati solo 8 minuti, un intervallo breve all’interno del quale è arrivato anche il palo dello stesso Coman su punizione. Ma soprattutto sembrava che la lezione di Bologna fosse imparata, con un Genoa ricco di incursori e contropiedisti in difficoltà nel dover impostare la giusta tattica per riprendere il risultato. Poi, come spesso è avvenuto in questa stagione, ecco l’episodio decisivo: al minuto 24 la caviglia sinistra di Coman subisce una torsione innaturale (a causa del terreno di gioco reso non perfetto dalle ultime piogge) e il numero 9 rossoblù è costretto ad alzare bandiera bianca. È il punto di svolta della gara: Nicola fa scaldare sia Augello che Felici, scegliendo poi l’ex Sampdoria in una logica di maggiore copertura. Una mossa che ha cambiato in modo deciso l’andamento del match, sbilanciando l’inerzia a favore del Genoa che, potendosi permettere di alzare il baricentro senza preoccuparsi di soffrire le eventuali avanzate dei padroni di casa. Una scelta che, a conti fatti, ha pagato: il gol di Cornet ha rimesso in parità il piatto della bilancia, con il Cagliari che non ha saputo più essere pericoloso nonostante l’inserimento di tutti o quasi gli uomini migliori. Si è rivisto Prati, che ha avuto pochi palloni per incidere, mentre Felici (“Non potevo metterlo”, ha detto in modo sibillino Nicola nel post-partita) e Marin si sono scaldati invano, senza avere la possibilità di entrare.
Novello Piero
Braccino? Paura? Consapevolezza di non essere al massimo della forma? Difficile sapere cosa sia passato nella testa di Nicola e del suo staff in quel momento, ma è evidente che la scelta di un cambio conservativo abbia spento entusiasmo e pericolosità di un Cagliari che per la prima mezz’ora era sembrato in pieno controllo del match. L’atteggiamento del tecnico di Vigone ha ricordato quello di un personaggio ben noto di una canzone di Fabrizio De Andrè, sfegatato tifoso genoano, che ben si addice al paragone: “E mentre marciavi con l’anima in spalle // Vedesti un uomo in fondo alla valle // Che aveva il tuo stesso identico umore // Ma la divisa di un altro colore”, cantava Faber nella sua “La guerra di Piero”. Il brano racconta in maniera allegorica l’incontro fortuito tra due soldati nemici in marcia, con il protagonista Piero che si trova nella situazione di vantaggio di scorgere il rivale prima che lui si renda conto e, soprattutto, di averlo a tiro. Il dubbio, l’essere contro la guerra e “la premura” portano Piero all’esitazione che gli risulta fatale: il pensiero di come e dove sparare gli fa perdere l’occasione, finendo a sua volta colpito dal soldato nemico che “non ricambia la cortesia”. Ecco, ieri il Cagliari e il suo allenatore hanno ricordato il buon Piero: in una situazione di vantaggio è mancata la capacità di chiudere la partita, facendo prevalere “il calcolo” per non dire la paura. E per fortuna di Pavoletti e compagni è arrivato il pareggio e quindi un punto che potrebbe essere decisivo nella lotta salvezza, grazie a un Genoa che non è riuscito a raddoppiare nonostante un paio di buone occasioni a disposizione.
Punti di domanda
Passata l’adrenalina della gara in notturna, l’analisi a freddo l’andamento di Cagliari-Genoa lascia comunque diversi interrogativi. Poteva andare meglio ai rossoblù contro il Grifone? Sì, assolutamente. Poteva andare peggio? Decisamente. Con Felici la gara sarebbe cambiata? È probabile, perché l’esterno romano avrebbe tenuto in ambasce gli esterni genoani che, dall’uscita di Coman, hanno potuto pensare solo e soltanto ad attaccare. È un punto d’oro, quello contro Badelj e soci? Assolutamente sì. Quel che ha colpito della gara contro i liguri, al di là della prestazione timorosa per due terzi di match, è certamente il “mood” del gruppo. La sceneggiata figlia del nervosismo tra Mina e Zappa, con Viola e Deiola costretti a intervenire per riportare alla calma i due – che hanno fatto pace al rientro negli spogliatoi, con un abbraccio a favore di tribuna utile a stemperare la tensione – non è stata edificante. Soprattutto va a cozzare con le parole di Nicola nella conferenza stampa della vigilia (“Siamo stati ben felici di stare in ritiro”, dixit) e confermano come l’aria intorno al Cagliari non sia più così leggera come in precedenza. Con l’ennesimo quesito: cui prodest? A chi serve questa pesantezza, specie di fronte a una classifica che vedrebbe ancora i rossoblù fuori dalle ultime tre posizioni anche in caso di risultati pesanti da parte delle squadre che per ora stanno dietro in graduatoria? A nessuno, verrebbe da dire. Né al club, che deve cercare di arrivare quanto prima alla salvezza per poter programmare la prossima stagione senza ripetere gli errori fatti in quella in corso. Nemmeno al tecnico, alla ricerca di un finale di annata con meno patimenti rispetto alle precedenti esperienze in carriera, soprattutto per conquistarsi la conferma sulla panchina rossoblù anche nel prossimo campionato. E, infine, neanche ai giocatori, molti dei quali alle prese con una stagione decisiva per la propria consacrazione e per indirizzare il proprio futuro. Insomma, l’auspicio è che in casa Cagliari la sfida contro il Genoa sia servita a capire che non è utile continuare a giocare con il fuoco. Perché poi, alla lunga, il rischio di bruciarsi è sempre più alto. E la piazza cagliaritana – tifosi, media, etc – non ha nessuna voglia di tornare a raccogliere la cenere.
Francesco Aresu