“Oggi per 65 minuti ci è piaciuto giocare, sapendo di poter fare male a una grande squadra come l’Inter”. È uno dei passaggi salienti delle dichiarazioni di Davide Nicola nella sala stampa dello stadio Meazza di Milano, dove il suo Cagliari ha ceduto il passo alla capolista Inter per 3-1. Parole dense di ottimismo e soddisfazione per la prestazione dei rossoblù al cospetto della capolista guidata da Simone Inzaghi, che dopo la gara ha fatto i complimenti alla squadra sarda definendola “ottima e ben allenata”.
Superiorità nerazzurra
In effetti, nel complesso Deiola e compagni non hanno sfigurato alla “Scala del Calcio”, mostrando volontà e a sprazzi trame interessanti che hanno messo in difficoltà i padroni di casa che, però, dal canto loro ci hanno messo poco più di venti minuti per indirizzare la gara sul proprio binario grazie ai gol di Arnautovic e Lautaro Martinez, che contro gli ospiti di rosso vestiti da perfetto “Toro” ha incornato il match, confermando la sua fama di ammazza-Cagliari con il gol numero 11 in 11 partite giocate contro gli isolani. Che, va detto, anche nel primo tempo in alcuni frangenti non hanno affatto demeritato. L’occasione per il possibile 1-1 sprecata da Piccoli circa 60 secondi prima del raddoppio del capitano nerazzurro è stata lo spartiacque della frazione iniziale, in cui l’Inter ha giocato a lungo come il gatto con il topo, sfruttando una superiorità tecnica a tratti imbarazzante. La mediana nerazzurra formata da Calhanoglu in regia e dalle mezze ali Frattesi e Barella ha imposto un ritmo importante al match, gestendo le giocate quasi come un elastico, accelerando e rallentando a piacimento, senza dare un riferimento alla solita intensità del Cagliari. In questo spartito sono arrivate le due fiammate che hanno portato al momentaneo 2-0: due letture del reparto arretrato assai rivedibili, con Palomino sorpreso prima dall’inserimento di Arnautovic e poi superato sullo scatto da Lautaro, bravo a superare Caprile con un tocco beffardo. E dire che il 4-5-1 impostato da Nicola sembrava poter reggere l’urto dei nerazzurri, con una mediana a tre che ha visto Makoumbou riprendere il suo ruolo di direttore d’orchestra, con Deiola e Adopo ai suoi lati. La scelta di giocare uomo su uomo non ha pagato, nonostante la buona volontà degli interpreti.
Risveglio
Nella ripresa il Cagliari ha approcciato al meglio, trovando il 2-1 sull’asse Augello-Piccoli: sesto assist per l’esterno milanese, ottava rete per il centravanti bergamasco. Il gol avrebbe potuto riaprire il match, se non fosse per il quasi immediato tris dei padroni di casa con Bisseck, bravo a fulminare di testa Mina e Caprile sul corner mancino di Dimarco. Quello segnato dal tedesco è stata la diciottesima rete subita dai rossoblù su palla inattiva, il nono su calcio d’angolo. Al di là dell’abilità nell’occasione del numero 31 nerazzurro – che ci ha riprovato in seguito, senza però la medesima fortuna –, a pesare sul risultato finale (e quindi anche sull’analisi) è stata, ancora una volta, la difficoltà di lettura di alcuni episodi chiave da parte di un Cagliari che, pure a San Siro, ha dato l’impressione di essere in grado di fare di più. E questo aspetto, a sei gare dal termine, alimenta nuovi rimpianti. Si badi bene, non per un discorso di mera classifica. Chi scrive ritiene Pavoletti e compagni una spanna sopra (e forse più) le ultime quattro squadre che in questo momento chiudono la Serie A. Sia come valore assoluto della rosa ma, soprattutto, come livello di gioco mostrato in stagione. Quel che però è emerso nelle ultime settimane è il fatto che la squadra di Nicola abbia definitivamente o quasi abbandonato il concetto di “a faci manna”, a favore di un pragmatismo di ranieriana memoria. Il tecnico piemontese ha di fatto ammesso come i suoi ragazzi a Empoli abbiano avuto paura di fare un passo falso, rinunciando quindi a giocare per portare a casa un punto che nei conteggi finali potrebbe risultare decisivo. Così come ha detto che quella contro l’Inter fosse una gara ben più semplice da giocare dal punto di vista mentale e di responsabilità. E i tifosi lo hanno notato, tanto da generare nel postpartita contro l’Inter un mood oltremodo negativo, sia per la forza dell’avversario che per la buona prestazione dei rossoblù.
Equilibrio
Serve equilibrio nell’analisi, a tutti i livelli. Sparare a zero su tecnico e squadra dopo il 3-1 di San Siro ci sembra ingeneroso e, soprattutto, una scelta non condivisibile. Perché se è vero che l’Inter sia una squadra cui è possibile far male (e l’ultima gara lo ha dimostrato), allo stesso tempo contro i nerazzurri è semplicissimo farsi male. È giusto dire, però, che il Cagliari a Milano poteva fare di più soprattutto sul piano dell’attenzione: su ognuno dei tre gol segnati dagli uomini di Inzaghi la difesa rossoblù avrebbe dovuto essere maggiormente sul pezzo, così come sul possibile 1-1 di Piccoli serviva più precisione. Anche perché è con questi episodi che si alimenta la fame di rimpianti cui, evidentemente, questo Cagliari non può fare a meno. Mancano alla fine solo sei giornate: tre in casa (Fiorentina, Udinese e Venezia), altrettante in trasferta (Verona, Como, Napoli). Se da una parte il calendario dovrebbe ancora una volta dare una mano ai rossoblù, dall’altra è sempre viva la sensazione di incompiutezza lasciata – nell’analisi a freddo – dalla squadra di Nicola. Come se questo gruppo non riuscisse a essere pienamente continuo nel rendimento e che l’insoddisfazione di una parte della piazza sia quindi giustificata. Anche perché in stagione al Cagliari è mancato l’acuto contro la big, quello che l’anno scorso rappresentò il 2-1 in rimonta sull’Atalanta all’Unipol Domus. Un successo di prestigio in grado di sovvertire i pronostici, ma che soprattutto renderebbe il finale di campionato più dolce per tutti. E il calendario offre subito l’assist: a Pasquetta nell’Isola arriva una Fiorentina a caccia di punti per l’Europa per l’annata ventura, ma che saprà già il suo destino per quanto riguarda quella attuale, con la semifinale di Conference come obiettivo alla portata dopo l’1-2 in casa del Celje nei quarti di finale d’andata in Slovenia. L’occasione giusta per provare a rompere questo benedetto digiuno di successi contro le big, per dimostrare di non avere nulla in meno, anche su questo aspetto, rispetto alle concorrenti per la salvezza.
Francesco Aresu