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Cagliari, hai sottovalutato la Serie A o ti sei sopravvalutato tu?

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Sconfitta. Delusione. Rabbia. Silenzio. Sul Cagliari di Claudio Ranieri la sconfitta interna per 3-1 contro la Lazio fa calare il sipario di un’opera stonata recitata in quattro atti. Dal Frosinone al Torino, passando per le due romane. Tre settimane da dimenticare per i rossoblù che non solo non hanno trovato lo slancio salvezza sperato dopo il bel 2-1 inflitto al Bologna alla Domus, ma sono entrati in un vortice al ribasso che mette i sardi tra le squadre meno in forma e meno in palla, dal punto di vista tattico e mentale, per la corsa salvezza.

Momento
A fine gara ai microfoni della stampa, dopo quasi due anni senza possibilità di ricevere domande, si è presentato il presidente Tommaso Giulini. “Calciatori e allenatore sono talmente delusi che non vogliono parlare e allora ho deciso di metterci io la faccia”, questa la premessa del patron rossoblù che tra i vari temi toccati ha subito chiarito il dubbio più grosso: “La fiducia su Ranieri è totale, non c’è un altro allenatore che possa guidarci alla salvezza. Anche se dovesse perdere a Udine o le prossime gare resterà lui il nostro allenatore. Se dovessimo retrocedere lo faremo con Ranieri in panchina. Ma sono sicuro non sarà così. Lui ha dichiarato che questa sarà la sua ultima avventura su una panchina di club e fino all’ultimo giorno di contratto sarà un allenatore del Cagliari”. Una conferma attesa, dopo che nelle ultime settimane anche lo stesso Ranieri nell’umore di alcuni tifosi era passato dall’essere l’eroe della notte di Bari, il sir cittadino onorario con le chiavi della città, a capro espiatorio dei problemi del Cagliari in classifica. E in questo senso il messaggio della proprietà era necessario.

La paura
Più particolare il passaggio sulla paura. Giulini davanti ai giornalisti nella pancia della Unipol Domus ha più volte ribadito su un concetto: “Entriamo in campo spesso con la paura e non va bene. Dobbiamo essere terrorizzati durante la settimana di lavoro perché l’ansia di retrocedere deve essere uno stimolo per fare meglio, tutti dobbiamo avere terrore di una nuova retrocessione. Però in campo la domenica voglio vedere le palle e invece spesso ho visto la paura nei giocatori. Con gran parte della squadra che fin qui ci ha deluso. Il mister in estate è stato accontentato con giocatori che aveva avuto e con due profili internazionali per la difesa che erano stati richiesti. Purtroppo hanno deluso. Abbiamo preso anche dei giovani come Prati e Sulemana come società perché altrimenti tra tre anni questo progetto non potrebbe sostenersi. Forse qualcuno sul mercato mi chiede di essere come le proprietà multimilionarie straniere, che spendono e spandono senza guardare ai bilanci, ma io non sono quel tipo di presidente. Se dovesse arrivare un’offerta seria, l’ho già detto più volte, sono pronto a lasciare la mano, ma fin qui non si è presentato nessuno”. Qui i sassolini tolti dalla scarpa giuliniana sono tanti. A partire dal mercato estivo dove lo staff tecnico è stato accontentato, passando per la risposta a chi gli chiede di passare la mano in società. Ma il focus da mettere in questa ripresa del giorno dopo Cagliari-Lazio è quello sulla paura. Perché il riferimento ai giocatori e in parte anche al tecnico, aggiungiamo noi viste le scelte recenti, è evidente. Tutti devono dare qualcosa in più, ma soprattutto tutti devono togliersi di dosso ansie e fantasmi. E in questo senso Ranieri nelle ultime gare qualcosa a livello di approccio mentale alla gara sembra aver pagato e sembra aver trasmesso ai suoi un atteggiamento troppo difensivista e guardingo che non ha aiutato lo spirito di una squadra troppo fragile emotivamente. Che poi è un leitmotiv delle ultime stagioni in sofferenza a tinte rossoblù anche prima dell’avvento di sor Claudio. Degli esempi? La difesa sempre a 5 contro alcuni avversari, oppure il poco coraggio nel cambiare Lapadula per inserire Pavoletti per sfruttare i tanti corner e cross nel momento migliore dei suoi, per restare sempre all’ultima sconfitta contro la Lazio di Sarri.

Umore
Un po’ di bastone e un po’ di carota per un Giulini che è partito con un tono pacato e disteso e che in alcuni momenti invece è andato sopra le righe umorali nel suo discorso. Atteggiamento anche naturale per un presidente al termine dell’ennesima sconfitta. Più volte il patron, assistito anche dalle domande dei giornalisti, ha ribadito che la società vuole stare vicina al gruppo, magari memore degli errori del passato con le rivoluzioni di metà stagione e con i repulisti che non avevano dato i suoi frutti appena due anni fa. Non a caso – “Voglio vedere l’unione di tutti, come ci ha insegnato Gigi Riva per rappresentare al meglio questo popolo, e arrivare al nostro obiettivo da squadra. Forse qualcuno ha sottovalutato la Serie A, oppure noi abbiamo sopravvalutato questa rosa. Ma non voglio spifferi da qui a fine stagione e voglio vedere una famiglia unita che si prende la salvezza” – è stata una delle frasi più ripetute dal presidente dei rossoblù nel post della Unipol Domus. Un Giulini che ha spiegato anche il nuovo approccio del club alla gestione tecnica: “Rispetto al passato abbiamo fatto un passo indietro, ci stiamo fidando completamente del nostro staff tecnico e vogliamo continuare a farlo. Dobbiamo andare in ritiro? Non spetta a me deciderlo. I giocatori vogliono un super premio salvezza? Lo vadano a chiedere al diesse Bonato e valuteremo. Ma non penso nessuno andrà a farlo”. Questo il contesto in casa Cagliari dopo una sconfitta che ha presentato un conto salato sia a livello di classifica che a livello di sensazioni, dando l’impressione a molti che questa squadra al momento è una delle meno accreditate alla salvezza se non trova una svolta caratteriale e tecnica. Da Udine iniziano delle nuove sfide. Per lo spogliatoio quella di riuscire a dimostrare qualcosa in più dopo aver reso molto sotto le proprie possibilità. Per il tecnico di essere un pochino più coraggioso nelle scelte tattiche e meno titubante perché se è vero che non è riuscito ad avere grandi risposte dai suoi è anche vero che la sua reazione difensivista ai problemi in campo invece che dare equilibrio ha tolto ulteriori certezze a una squadra ancora senza identità di gioco. E infine alla società, che dovrà dimostrare che le belle parole, pesate, a tratti pungenti e a tratti distensive, siano una costante del nuovo corso della proprietà che può resistere anche alle maestralate di un percorso salvezza che sicuramente da qui alla fine porterà ad altri pomeriggi difficili da mandar giù.

Roberto Pinna

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