Nel calcio esistono diversi modi per interpretare una partita, tutti legittimi pur nella loro distanza concettuale. Il Cagliari che ha pareggiato 1-1 contro il Genoa ieri 7 marzo alla Unipol Domus ha messo in campo le due mentalità opposte: quella dei primi venticinque minuti senza timori e orientata al colpire l’avversario e quella più concentrata sul non lasciare il fianco alle qualità della squadra di Patrick Vieira. Una scelta legittima in assoluto quella di Davide Nicola, ma per certi versi discutibile – nel senso che può aprire un dibattito – nei tempi.
Priorità
Orientare la mentalità degli undici in campo e influenzare anche quella degli avversari passa dalle scelte. Quelle iniziali dell’allenatore rossoblù hanno trovato risposte positive fino all’episodio che ha rappresentato la svolta nella prestazione del Cagliari. O meglio, nell’atteggiamento che dall’inizio fino al venticinquesimo (con Coman uscito sì alla mezz’ora, ma con il problema alla caviglia arrivato qualche minuto prima) ha fatto vedere una squadra in palla, capace di tenere nella propria metà campo il Genoa e di trovare prima il vantaggio poi annullato per fuorigioco di Piccoli, poi quello buono con l’assist del centravanti a Viola e, in mezzo, un palo su punizione di Coman. Poi l’ingresso di Augello ha cambiato le priorità del Cagliari, passato alla seconda strategia – nell’ottica descritta da Nicola sia nella conferenza pre che in quella post partita – e maggiormente focalizzato nel limitare gli avversari. Una decisione legittima quella, con l’allenatore piemontese che ne ha anche ribadito la bontà davanti ai microfoni, definendo la sua come una “scelta ottimale” e aggiungendo “non potevo mettere Felici”. Il dubbio è sulla tempistica, perché mettere davanti l’equilibrio già dalla mezz’ora pone quesiti sul momento della partita. Con un Cagliari che sembrava padrone e che, senno del poi fino a un certo punto, avrebbe potuto provare a proseguire sulla strada tracciata per poi, magari, rimodellarsi più avanti. Detto che il gol in apertura di ripresa firmato da Cornet arriva non tanto a causa della sostituzione, ma di un atteggiamento aggressivo nei modi sbagliati, senza particolari errori individuali che sono dipesi più dalle diverse doti fisiche che da mancanze vere e proprie. Un controsenso solo apparente, perché è quanto accaduto dopo che ha lasciato dei dubbi. Come se con l’arrivo dei punti pesanti sia arrivata anche la necessità di perseguire il detto di Claudio Ranieri che spesso, nella passata stagione, aveva ricordato come “se non puoi vincere, allora meglio non perdere”. Fatto proprio da Nicola: “Bisogna avere la mentalità che ogni passo ha un’importanza fondamentale da qua fino alla fine. E ancora: “Bisogna sempre provare a vincere, ma quando questo non è possibile bisogna fare punti, perché noi dobbiamo salvarci”.
Scelte
Dopo una fase di campionato nella quale il Cagliari sembrava aver trovato la quadra e un gioco anche interessante, dal Monza fino al Parma con l’eccezione della sconfitta contro il Torino in trasferta, il trittico di gare complicate come quelle di Bergamo contro l’Atalanta, di Bologna e in mezzo quella casalinga contro la Juventus ha rimesso al centro la priorità del contenere l’avversario. Centrocampo più muscolare tranne al Dall’Ara, salvo poi patire il ritorno della squadra di Vincenzo Italiano a inizio ripresa, squadra maggiormente offensiva contro il Genoa. Di nuovo il trequartista, di nuovo un esterno offensivo a sinistra e non la coppia Obert-Augello, con quest’ultimo sostituito dall’inizio da Coman. Con risultati convincenti, prima di tornare all’assetto più attento al limitare che a sorprendere gli avversari. Con gli occhi che si spostano inevitabilmente sulle concorrenti, per capire se il pareggio si trasformerà in due punti persi (nella corsa salvezza se l’Empoli dovesse fare risultato pieno contro la Roma) o in un punto guadagnato (se i toscani perdessero contro i giallorossi) o in una conferma della distanza sul terzultimo posto. Per Nicola, come confermato dal discorso delle due strategie, sembrerebbe arrivato il momento della concretezza dopo che il tentativo di giocare con sfacciataggine contro gli avversari – a prescindere dal loro valore – aveva portato difficoltà nella fase difensiva. Il desiderio quello di aumentare il peso dell’aggressività, ma senza perdere di vista l’equilibrio, ma tra i due in questa fase del campionato conta più il secondo e quindi anche il singolo punto viene salutato senza rimpianti. Rifuggire dalla sconfitta propositiva fatta di complimenti (ma pochi punti) per una semplice questione di priorità, opzione che però non esclude a priori cancellare la paura. Che poi, in fondo, è la sensazione che hanno dato squadra e Nicola nel secondo tempo contro il Genoa, quello di una squadra che vorrebbe ma non riesce e, quindi, cerca di ottenere il massimo attraverso un bagno di realismo. Paura, appunto, che però può essere allontanata anche con una mentalità diversa. Il punto contro il Genoa è sì importante, ma non è lesa maestà pensare che si sarebbe potuto fare di più. O dovuto, a seconda della parrocchia.
Matteo Zizola