La bellezza di vivere nel 2025 e fare il mestiere di giornalista è anche quella di poterlo fare potendo utilizzare strumenti tecnologici impensabili fino a qualche anno fa. E così, grazie a YouTube, come tanti altri anche chi scrive (assente allo stadio Sinigaglia) ha potuto ascoltare le parole di Davide Nicola nella conferenza stampa post-partita di Como-Cagliari, match che i rossoblù guidati dal tecnico piemontese hanno perso 3-1 dopo l’ennesima prestazione incolore delle ultime settimane.
Mezz’ora e poco più
“La salvezza è sempre sofferta, altrimenti allora non lotti per la salvezza. Arrivare a questo punto della stagione è normale che sei così, altrimenti devi fare un altro cammino e lottare per obiettivi diversi. Bisogna essere chiari”. È uno dei passaggi chiave delle dichiarazioni di Nicola, forse per la prima volta in stagione arrivato in sala stampa con un volto visibilmente sofferente e preoccupato. Una novità rispetto alla solita baldanza, sia fisica che dialettica, mostrata finora dal tecnico di Vigone davanti ai microfoni, a prescindere dal risultato finale del suo Cagliari. Intendiamoci, dopo il pesante 3-1 incassato sulle rive del Lario è logico che il morale all’interno dello spogliatoio rossoblù non sia certo alto. Al Sinigaglia i sardi hanno giocato in maniera dignitosa un abbondante primo terzo di gara, trovando il vantaggio con Adopo (grazie alla topica del 43enne Reina), salvo poi liquefarsi dopo l’1-1 di Caqueret e il 2-1 di Strefezza, gol arrivati in pochi minuti in chiusura di primo tempo. Nella ripresa, poi, si è ripetuto quel che si era già visto contro Udinese e Fiorentina: il Cagliari non è stato in grado di rimettersi in partita contro un avversario che ha gestito la gara, ma senza il fuoco sacro nelle vene e negli occhi. Il terzo gol, messo a segno da Cutrone (in gol in tutte e tre le gare tra isolani e lariani, compresa l’amichevole estiva di Chatillon), è arrivato quasi più per inerzia che per reale volontà di chiudere la gara da parte dei padroni di casa, in totale controllo di fronte a una squadra ormai priva di gamba e senza nerbo. E, di fronte alla più che netta superiorità del Como, a poco giova ricordare le occasioni divorate da Piccoli e Marin per riaprire la gara. Un nuovo capitolo dell’eterna sofferenza di un Cagliari che, ogniqualvolta ha avuto la possibilità di fare il salto in avanti, è stato fermato da un tentennamento fatale che gli ha impedito di guardare più avanti del proprio naso. Una costante, confermata dalle parole di Nicola citate in precedenza: “La salvezza è sempre sofferta, altrimenti allora non lotti per la salvezza”. Come se la condizione di perpetua sofferenza fosse uno stato dell’anima da vivere per dare un senso e un valore agli sforzi quotidiani. Siamo così sicuri? Mah.
Il confronto
“Questa squadra sta dando il massimo, ma le cose arrivano quando arrivano. Abbiamo fatto la nostra partita a Como ma non è facile. Fino al 2-1 era una gara aperta per entrambe, poi il 3-1 ci ha tagliato le gambe”, ha detto ancora Nicola davanti ai cronisti, dando l’ennesima lettura post-gara parsa decisamente troppo ottimistica rispetto a quanto visto in campo. Eppure, numeri alla mano, facendo un confronto con la scorsa annata il tecnico piemontese sembrerebbe pure avere ragione. Dodici mesi fa, dopo la 36ª giornata il Cagliari aveva gli stessi 33 punti di oggi, frutto di 7 vittorie, 12 pareggi e 17 sconfitte, con 38 gol segnati e ben 65 subiti. A due giornate dalla fine i rossoblù di Claudio Ranieri occupavano il sedicesimo posto in classifica, con un vantaggio di una sola lunghezza sulla terzultima (l’Empoli), in attesa della trasferta decisiva di Reggio Emilia contro il Sassuolo penultimo. Come andò al Mapei Stadium lo ricordano tutti, con il gol di Prati e Lapadula a suggellare la salvezza anticipata per la festa delle migliaia di sardi presenti. E oggi? Il Cagliari di Nicola ha 33 punti, frutto di 8 vittorie, 9 pareggi e 19 sconfitte, con 37 gol segnati e 54 subiti: a due giornate dalla fine i rossoblù occupano il quattordicesimo posto in classifica, con cinque lunghezze di vantaggio sulla terzultima (l’Empoli). E il calendario propone l’incrocio, stavolta in casa, con il Venezia al momento penultimo. Insomma, una situazione che sulla carta dovrebbe lasciare tranquilli Pavoletti e compagni, con un vantaggio decisamente più rassicurante rispetto alla scorsa stagione. Invece la sensazione è quella di essere prossimi a uno psicodramma collettivo, in cui i fantasmi di Venezia – intesa come lo 0-0 del 22 maggio 2022 – stanno prendendo sempre più forza e consistenza in una piazza che, più che comprensibilmente, si sentiva già salva dopo la vittoria di Verona. Ma non tanto per il peso dei tre punti portati a casa dal Bentegodi, quanto per l’ottima prova di carattere e intelligenza offerta dai rossoblù sulle sponde dell’Adige, che faceva a ragione sperare in una replica in vista delle gare successive.
Delusione
Invece, come è sempre successo in casi analoghi (e a fine campionato ormai possiamo dirlo), ecco i due pesanti passaggi a vuoto contro Udinese e Como. Due squadre che secondo Nicola non fanno parte del gruppo che “deve strappare la salvezza con i denti”, così come in passato è stato detto lo stesso per il Genoa, definita “una squadra non qualunque”. Gli stessi friulani di Runjaic capaci di perdere 1-2 in casa contro il già retrocesso Monza, per dire. Diciamolo chiaramente: vista la situazione contingente, con una lotta salvezza al ribasso da mesi – l’Empoli ha rotto un digiuno di vittorie che durava da oltre 5 (cinque!) mesi, il Venezia ha vinto due partite negli ultimi 140 giorni – una retrocessione sarebbe un harakiri clamoroso e inatteso, che aprirebbe a un futuro molto più nero delle nuvole che attualmente sostano sopra il centro sportivo di Assemini. Ma cosa lascerà in eredità questa stagione? La risposta si può riassumere nel giudizio dato da Tuttosport a Nicola nelle pagelle post Como-Cagliari. “Nicola 5 – La salvezza arriverà, ma non ci si ricorderà di questo Cagliari”, ha scritto il collega Paolo Pirisi. Chi scrive ha detto qualcosa di simile nella nostra live post-partita: nonostante i numeri prima citati, questa stagione rischia di riuscire nell’impresa paradossale di scontentare tutte le parti in causa. A cominciare, ovviamente, dai tifosi. Coloro che settimana dopo settimana decidono – in casa e in trasferta – di dedicare una fetta del proprio tempo libero per seguire una squadra che, salvo rare occasioni, non ha davvero mai emozionato. E quando lo ha fatto non è mai stata in grado di dare continuità, ricadendo spesso e volentieri negli stessi errori. Nonostante una prima parte di stagione in cui aveva fatto intravedere potenzialità diverse, cancellate o quasi dallo 0-0 di Bergamo (e dal cambio di mentalità) in poi. Ma anche questo è già stato detto più volte.
Futuro
Ci sarà tempo e modo di analizzare a fine stagione il rendimento di tutti: squadra, allenatore e dirigenza, nel bene e nel male. Quel che è certo, però, è che su questa annata ci fossero delle aspettative diverse – il famigerato “consolidamento” detto a più riprese dal direttore sportivo rossoblù Nereo Bonato – rispetto a quanto accaduto un anno fa. Si arrivava da una salvezza faticosissima e di sofferenza vera come quella griffata Ranieri, ma almeno in quella circostanza Pavoletti e soci furono capaci di portare a casa risultati di prestigio come il successo interno contro l’Atalanta, i pareggi contro Inter e Juventus e le vittorie tutto cuore contro Frosinone e Sassuolo. E quest’anno? Cosa resterà? Sicuramente le emozioni delle vittorie fuori casa – Parma, Monza, Verona – e i pareggi contro Juventus, Milan e Atalanta. Molto? Poco? Il giusto? La risposta definitiva si darà a bocce ferme, però resta anche quella sgradevole sensazione di incompiutezza, unita alla costante sofferenza (sportiva, s’intende). Che, senza adeguati risultati raggiunti, non può però avere un valore positivo nel giudizio di un’annata da “vorrei, ma non ci riesco”: non c’è nulla di epico o eroico in questo. E lo sanno tutti o quasi, tanto che l’aria che si respira dalle parte di Assemini si è fatta sempre più tutt’altro che leggera. Il Cagliari però – in tutte le sue componenti, dalla testa ai piedi, stampa compresa – ha fatto di tutto per regalarsi un epilogo di stagione da ansiolitico in vena. Non esattamente il massimo per quella che doveva essere la stagione del consolidamento e che, invece, rischia di essere l’ennesimo anticipo di una rivoluzione – a più livelli, a cominciare da quello sportivo – di cui tutti o quasi, nella piazza rossoblù, avrebbero fatto volentieri a meno.
Francesco Aresu