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Cagliari, non solo criticità: Nicola e i plus da non sottovalutare per il futuro

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Mai due anni completi di fila in Serie A, mai la tranquillità di un progetto – se non a lungo almeno a medio termine – per poter crescere e togliersi fastidiose etichette. Quella di salvatore della patria, qualunque essa sia, in un caso. Quella di club incapace di compiere un salto anche minimo oltre la salvezza, tranquilla o meno, nell’altro. Un’unione che può fare la forza, l’obiettivo comune di superare il passato e scrivere nuove pagine per il futuro. Da una parte Davide Nicola, dall’altra il Cagliari inteso come società: non due opposti, anzi, ma due facce della stessa medaglia che ha bisogno di serenità e di allontanare l’idea di una nuova rivoluzione.

Secondo e crisi
Livorno, Crotone, Udinese, Genoa, Torino, Salernitana, Empoli. Nel percorso in Serie A di Davide Nicola non è mai stata raggiunta la chiusura del secondo anno, tra subentri con imprese salvezza clamorose e conferme che hanno prodotto soltanto chiusure anticipate dei rapporti. Zeman, Rastelli, Maran, Di Francesco, Semplici, Ranieri. Ossia un secondo anno che o non è arrivato oppure ha trovato ostacoli che hanno portato all’esonero in corso d’opera, questa la storia recente del Cagliari e dei suoi allenatori in massima serie. Insomma, la parola progetto ha lasciato spazio a risultati non confortanti, a rischi troppo grandi da correre per mantenere la barra dritta, a sterzate tecniche utili (a volte meno) a portare la barca nel porto salvezza. Oppure, come nell’ultimo capitolo della saga, un addio semplice senza che il secondo anno fosse nei piani, come accaduto con i saluti di Sir Claudio dopo la permanenza in Serie A. Ed è da questo aspetto che lega il Cagliari con Nicola che è necessario partire in vista del futuro. Da un concetto, quello della convinzione. Perché quando il secondo anno è arrivato per Rastelli, Maran e Semplici soltanto nel caso del secondo del lotto la strada era condivisa e chiara a tutte le parti. Salvo poi, dopo aver accarezzato il sogno europeo, fermarsi e non chiudere nemmeno in quel caso il secondo mandato in Serie A. Insomma, Nicola e il Cagliari, un triennale da 2+1 da rispettare solo e soltanto se tutte le parti saranno sulla stessa pagina. Guardando proprio al percorso, ai risultati, al consolidamento e alla crescita. Che si possono leggere in chiave positiva o negativa, dipende dai punti di vista, ma con alcuni fatti incontrovertibili a prescindere da ogni pensiero soggettivo. Detto che quando si parla di allenatori entrano in gioco tanti altri dettagli: il click emotivo con società e ambiente, quello con il gruppo di calciatori, le prestazioni, l’idea di futuro, l’aspetto prettamente economico.

Acque tranquille
Chi scrive non ha lesinato critiche all’operato di Nicola di recente. La sensazione è che l’allenatore rossoblù sia passato da un’idea se non innovativa, sicuramente di superamento del mero pragmatismo, a un’altra più orientata al raggiungimento dell’obiettivo a prescindere da tutto. Attorcigliandosi su dettami tattici e scelte che hanno invertito la rotta in chiave negativa dopo aver seminato e non poco nella prima fase del suo lavoro a Cagliari. Poi però c’è il quadro generale, c’è la visione d’insieme. Quella di una strada che è stata intrapresa sia per guida tecnica che per scelta del materiale da affidare all’allenatore. Basi sulle quali costruire, un passo alla volta. “Credo che dando continuità si riesca comunque a creare un lavoro che abbia le proprie certezze, per poi di anno in anno andare a fare le opportune modifiche senza molte rivoluzioni che tante volte sono molto difficili da portare avanti”: parole del diesse del Cagliari Nereo Bonato prima della gara contro la Fiorentina del 23 aprile, parole che riguardavano la rosa, ma che non possono che essere di riferimento anche su Nicola. Così come quelle che l’uomo mercato rossoblù ha regalato ai microfoni di Dazn prima della sfida contro l’Udinese: “Futuro Nicola? Al momento siamo concentrati sul presente, sapendo che abbiamo fatto un percorso di crescita iniziato già tre anni fa, con l’obiettivo di continuare facendo gli step nel momento opportuno. C’è una salvezza ancora da conquistare, ci deve essere massima concentrazione”. Insomma, prima l’obiettivo, poi si vedrà. Senza dimenticare alcuni aspetti che non possono che essere dirimenti, senza guardare altrove, senza spostare l’occhio sul passato. Perché, comunque la si possa pensare, il Cagliari di Nicola dalla ventiquattresima giornata di questo campionato fino a oggi non è mai sceso sotto il sedicesimo posto. Perché nell’arco della stagione ha vissuto la zona rossa soltanto in sei giornate su trentacinque, due delle quali all’alba del campionato quando valori e posizioni sono sicuramente meno attendibili. Perché tolti appunto il quarto e quinto turno di Serie A, i rossoblù hanno avuto come massimo ritardo dal quartultimo posto due punti (alla diciottesima sul Lecce). Come semplice confronto, nella passata stagione la squadra di Ranieri passò ben 18 giornate in zona rossa, lasciandola definitivamente soltanto alla ventottesima, ma senza allontanarsi in maniera decisiva fino alla penultima giornata. Una tranquillità che, al netto di avversarie che hanno corso come i ciclisti che si guardano, rallentano, ma non scattano, non può non essere tenuta in conto da chi dovrà decidere la valutazione della stagione di Nicola nel suo complesso.

Plus
Certo, ci sono alcuni dati che possono lasciare sospeso il giudizio, come l’assenza anche solo di una singola vittoria contro le prime dieci in classifica (sei pareggi, uno con Como, Juventus, Roma e Atalanta e due con il Milan). O le nove sconfitte casalinghe in diciotto gare. Oppure come l’aver ottenuto 18 dei 33 punti contro sole tre squadre, Parma, Verona e Monza battute sia in casa che in trasferta. Però, oltre al discorso zona rossa, ci sono anche le poche partite realmente fallite sul piano della prestazione totale, le altrettante poche in cui si è sbagliata una parte. Tra le prime sicuramente (come ammesso da Nicola) la sfida casalinga contro l’Empoli, il punto più basso della stagione sia come classifica che come situazione generale. E poi quelle sempre alla Unipol Domus contro la Juventus e contro il Bologna, alle quali si può aggiungere la trasferta contro il Torino. In parte deludenti, ma comunque con aspetti positivi, la partite casalinghe contro Fiorentina, Inter e Udinese, oltre alle trasferte sempre contro i bianconeri e contro il Lecce. E, infine, una sola vera imbarcata, quella in casa contro il Napoli, quando però il Cagliari resse il colpo – anzi, meritò di passare in vantaggio senza riuscirci – prima che la voglia di recuperare il punteggio e alcuni errori individuali portassero alla disfatta nel punteggio. Se poi si vuole allargare il campo al parco giocatori, non si può dimenticare quanto Nicola avesse spinto per avere Caprile già in estate, senza successo, salvo poi essere accontentato a gennaio con risultati sotto gli occhi di tutti. O la crescita nel doppio compito di braccetto e terzino di Zappa, già sviluppato da Ranieri ma completato dall’allenatore piemontese. O quella in termini realizzativi di Zortea che, in un ruolo più avanzato, ma con compiti anche da quinto, ha segnato come mai in carriera. O ancora la stabilità fisica di Mina, sempre centellinato nei sei mesi precedenti all’arrivo di Nicola e, al netto dell’ultimo problema, diventato un calciatore abile a arruolabile totalmente in questa stagione. E poi la scelta di Luperto come “pretoriano”, un giocatore affidabile e che ha fatto fare il salto di qualità alla difesa. E ancora la crescita tattica di Luvumbo, magari meno efficace nella sua esuberanza, ma sicuramente più attento e funzionale dal lato tattico e di applicazione. Insomma, tanti pesi da mettere sui piatti della bilancia, nella speranza che regni l’equilibrio tra velleità e bisogno di sicurezze. Perché la voglia e il bisogno di crescere non devono portare all’eccesso opposto, quello di perdere di vista il contatto con quanto fatto e la realtà. Con in testa la convinzione e nessun dubbio, al contrario la rivoluzione in corsa – mai produttiva – potrebbe tornare di moda.

Matteo Zizola

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