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Il calcio che fu | La squadra degli amici

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Una serie di “quadretti” di calciatori del passato cagliaritano e non solo, a cura di Nino Nonnis.

Tutto nacque ai biliardi di via Carrara, che per me è citazione come per un altro Harvard o Cambridge. Era una sera di maestralino leggero, ma sarebbe potuta essere una sera di libeccio, solo che non so distinguerlo. Mettemmo su una squadra grazie alle nostre conoscenze matematiche, e scoprimmo che non eravamo male, quando ci sfidò Renato Contu, che mise su un’altra squadra che vantava giocatori forti, qualcuno anche conosciuto. Ad un certo punto Cherchi, un forte stopper ci chiese “Ma chi siete?”. Gli risposi che non potevo dirglielo, stavamo giocando sotto copertura. In effetti giocavamo accorti, che vuol dire anche umili, consci delle proprie carenze, sfruttando le doti che avevamo. Sembra facile, ma non lo è.

A qualcuno di loro ho dedicato un quadretto a parte, sono Victor Ugo Arba, Luciano Dongu, Gigi Camedda, Bruno Massidda, Antonello Del Rio e non li ripeto.

Avevamo due portieri, uno riserva dell’altro, Giorgio Anzani e Antoncarlo Di Tucci, che non sarebbero stati titolari in nessuna squadra. Uno non si tuffava neanche al mare, l’altro era uno dei due.

Nel tempo sono diventati buoni giocatori di biliardo e continuano a praticare.

Terzini Fiumene, mistero agonistico, enigma tecnico, lo ricordiamo perché era di destra, sganneddatore niente male, ha sempre giocato trafelato, ma come le pinguine non ha mai lasciato il proprio uomo. Per farlo rendere al massimo una volta gli dissi che la sua ala era comunista. Alla fine scoprì che era un camerata.

A sinistra Dino Perinu, ortopedico, gran fisico, potenza debordante, con velleità d’attacco, nel senso che a furia di correre finiva in avanti. Se vedevi polvere sollevarsi significava che da quelle parti stava passando lui. Raramente non si faceva stuvioni.

Renato Contu, stopper, inventore del gioco a zona, e del mal di pancia per giustificare un liscio o uno sbaglio qualsiasi.

Altro difensore Umberto Pelosi, marcatore puntiglioso dotato di scatto, forte nel breve e di testa. Aveva velleità nell’impostazione di gioco. Una volta lo incontrai dopo che era diventato primario e gli feci i complimenti “Ah, grazie, l’hai saputo? Sì è stato un gran gol. Da fuori area, imparabile. Grazie”. Il primariato era nella normalità delle cose, come diventare generale poco prima di andare in pensione.

Altro difensore Ariu. Scattante, preciso, attento. Ricordo una sua partita esemplare: marcò Novellini molto bene, non sfigurando affatto, solo che l’ex Cagliari fece tre gol. Ci spiegammo perché Novellini era forte.

Altro tuttofare Renzo Corona, che è stato mio compagno al liceo. Pur avendo un peso sopra la media era molto agile. Ho un notaio, Gianni, altro compagno di scuola, che può confermare, ma una volta ci spiegò “Ho la sfiga che ingrasso mettendo muscoli, guarda tocca qui”.

Piccoi il centravanti. Grosso fisico, di Buddusò, esperto di mariglia e protezione del pallone. Le cose migliori le ha fatte però altercando con Bruno Massidda per questioni di supremazia tecnica.

Altro difensore Gianicchi De Martini, di Thiesi, grande arrogatore, più che altro entrava sull’uomo come uno che voglia aprire una porta a spallate. Anche quando giocavamo tra di noi non sapeva contenersi. Abbiamo festeggiato quando si è ritirato a Thiesi dove abbiamo sempre promesso di andare per rispondere ai suoi inviti.

Giansi Delogu centrocampista: quantità e qualità, poteva fare anche una qualche carriera, con noi l’ha fatta, ma solo noi la conosciamo. Faceva voglia di fare battute spiritose, perché aveva una risata contagiosa. Capace di farla anche mentre dribblava un avversario.

Bettega. Era il soprannome, ma solo perché era ala sinistra. Non ricordo il cognome e non voglio fare una telefonata, altrimenti che lo dico a fare. Aveva grande intesa con Vito, dribbling repentino e bun fiuto del gol.

Sandro Camedda. Ala destra. Grande scattista. Purtroppo più veloce del pallone, molto spesso doveva tornare sui suoi passi per riprenderlo. Si trasforma quando parla e racconta, allora diventa anche un buon calciatore, per chi non l’ha visto.

Bastiano Fessia, mediano diserbante del centrocampo, aveva di tutto un po’ di tutto e gli mancava un po’. Curato sin da giovane, dai due tre anni, sarebbe potuto diventare un giocatore buon moderno, da serie B almeno, di rendimento lo è sempre stato, magari avrebbe fatto anche vita d’atleta. Ma quello lo era direttamente per dotazione nativa.

Folignani altra punta. Riceveva sempre grandi apprezzamenti, perché era un grande doganiere innamorato del dribbling, solo che è inutile che ne scarti e riscarti due o tre se poi cedi il pallone agli avversari. Facile da capire ma non da accettare. Ci faceva fare solo belle figure. Quelle a cui lui teneva.

Abbiamo avuto anche altri compagni occasionali, ne voglio ricordare solo uno che studiava a Cagliari ed era mio vicino di paese, di Bosa. Gianfranco Vadilonga, non c’è più, ma lo ricordiamo tutti con affetto. Quando tornò sulle rive del Temo organizzammo una partita contro una mista del Bosa e della Calmedia e quella giornata merita un altro racconto.

Nino Nonnis

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