Dopo le valutazioni sulla stagione della rosa del Cagliari divise per reparti – portieri e difensori, centrocampisti e infine attaccanti – passiamo al giudizio su Davide Nicola. In questo caso non unico, ma diviso in tre differenti opinioni, quelle di Francesco Aresu, Roberto Pinna e Matteo Zizola.
Francesco Aresu
“Ora voglio solo lavorare instancabilmente. Entro nella storia del Cagliari in punta di piedi come è giusto che sia ma voglio contribuire a questa storia”. Con queste parole lo scorso 8 luglio 2024 Davide Nicola si era presentato ai tifosi del Cagliari, durante la conferenza stampa dell’Unipol Domus, primo atto ufficiale della sua nuova avventura in Sardegna. A oltre trecento giorni da allora, con la salvezza portata a casa dopo una stagione di alti e bassi alla guida della squadra rossoblù, si può dire che il tecnico di Vigone sia stato di parola. Il concetto del “lavoro instancabile” è stato il fulcro del Nicola-pensiero, portato avanti sul campo dal primo giorno di ritiro fino ai saluti nella sala stampa del Maradona-San Paolo di Napoli. Lavoro, lavoro, lavoro. E certamente nessuno potrà accusare l’ex allenatore di Empoli e Torino di non aver tenuto fede al suo obiettivo, soprattutto dal punto di vista quantitativo. Per il Cagliari la salvezza è arrivata alla penultima giornata di campionato, con 36 punti che sono valsi un quindicesimo posto in classifica che rappresenta, dal punto di vista statistico, il famoso “consolidamento” richiesto dal club rossoblù in estate. Con il pericolo retrocessione mai davvero in discussione sul piano di cifre e numeri, per un campionato definito “tranquillo”dal tecnico piemontese.
Si può (e si deve), però, opinare sull’operato di Nicola dal punto di vista qualitativo. Lo si è fatto ampiamente, soprattutto negli ultimi mesi, dopo il cambio di rotta a livello tattico e di interpretazione delle gare intrapreso dalla guida tecnica e non è necessario tornare sull’argomento. Eppure, a prescindere da tutto, il giudizio sul lavoro di Nicola è positivo. È stato chiamato per salvare il Cagliari e far soffrire meno la piazza, obiettivo raggiunto. Le vittorie negli scontri diretti hanno dato la direzione al campionato dei rossoblù, cui è mancato oggettivamente l’acuto contro una big da apporre sul petto come medaglia. E, in generale, la sensazione strisciante di incompiutezza per quello che poteva essere e non è stato. Per il futuro tutto dipenderà dalla legittima ambizione e dal pragmatico realismo della piazza cagliaritana, in toto: dai tifosi alla dirigenza, passando per la stampa e gli addetti ai lavori. In conclusione: si poteva fare meglio? Certamente sì, ma si poteva fare anche decisamente peggio. E il lavoro di Nicola è stato portato a termine con praticità e poco spettacolo. Ma per quello servono, come detto dallo stesso tecnico rossoblù – particolarmente lucido e chiaro nelle ultime conferenze –, investimenti e budget diversi. Solo allora si potrà parlare di asticella da sollevare. VOTO 6,5
Roberto Pinna
Nicola sì, Nicola no, Nicola nì. Valutare la stagione del tecnico piemontese a Cagliari è più complesso di quanto sembri, perché il gioco degli incastri e dei punti di vista per esprimere un giudizio equilibrato e lucido è articolato. Innanzitutto il piano base: la salvezza centrata. Aspetto mai scontato in epoca recente e meno recente per una piazza come Cagliari. Traguardo neppure così semplice, nonostante un campionato di Serie A al costante ribasso, considerando l’arrivo in Sardegna dopo una leggenda dall’ombra ingombrante come Claudio Ranieri. Nicola ci ha provato nella prima parte di stagione a dare la sua impronta al Cagliari: intensità, folate di carattere, voglia di giocarsela contro tutti. Ma numeri alla mano è stato in parte un fuoco di paglia. Quando la classifica ha fatto paura e quando le pressioni sulla gestione di alcuni profili interni allo spogliatoio sono state più forti il tecnico ha rinnegato in parte alcuni suoi punti fermi per badare tanto al sodo. Ed è innegabile che il Cagliari nell’ultima fase della stagione è stato bravo a non sbagliare le gare da non sbagliare senza però entusiasmare quasi mai. Cosa che invece in alcune partite aveva fatto nel complicato girone d’andata a livello di punti raccolti. Ognuno d’altronde deve tirare acqua al proprio mulino e Nicola, che voleva togliersi l’etichetta di allenatore a stagione in corso, a un certo punto ha pensato più ai punti che alle pacche sulle spalle. Ragionamento che in tanti avrebbero fatto al suo posto, ma che comunque alla fine ha un po’ finito con lo stridere rispetto al tanto citato consolidamento da parte del club. Ci sono infatti giocatori come Prati, Felici, Obert e Kingstone che non hanno raccolto davvero quanto possibile in questa stagione. Va detto che la società in sede di mercato ci ha messo del suo, da un Caprile arrivato troppo tardi, a un vice Piccoli mai arrivato, fino a nessun sostituto comprato per i vari Zappa e Zortea. Dare le colpe di una stagione da minimo sindacale ma con meno guizzi rispetto alle aspettative a Nicola comunque sarebbe ingiusto. Perché come sempre le colpe vanno divise. E il tecnico piemontese paga anche un racconto un po’ diverso dalla realtà, perché gli investimenti sicuramente non sono stati poi così distanti da quello che è il risultato ottenuto in classifica. A Nicola va puntualizzata la gestione di alcuni risultati e soprattutto di alcuni giovani, ma la sufficienza alla sua stagione non può non arrivare. Fumoso il futuro. Dalle parole delle ultime settimane pare abbastanza evidente, almeno per chi vi scrive, che le visioni di tecnico e società siano un po’ differenti su quello che è stato e quello che potrebbe essere. La speranza è che, per non commettere lo stesso errore fatto con Leonardo Semplici, le parti non continuino insieme se non c’è una vera visione d’intenti. E forse separarsi dopo un risultato raggiunto con sofferenza, ma comunque importante, potrebbe essere la cosa migliore per tutti. Staremo a vedere. VOTO 6
Matteo Zizola
Salvezza doveva essere e salvezza è stata, non si può prescindere da questo aspetto per valutare la stagione di Davide Nicola. Un’eredità complessa come quella di Claudio Ranieri rispettata e non gettata, dettaglio che può schiacciare e che spesso ha schiacciato chiunque sia arrivato dopo un totem come il tecnico testaccino. La prima parte di stagione con idee di calcio diverse, non solo pane e salame, ma anche il tentativo di costruire qualcosa di positivo, fino ad arrivare al concetto di “facci manna”, nonostante la classifica non rispettasse quanto prodotto sia statisticamente che a livello di sensazioni. La valorizzazione di elementi non giovanissimi per carta d’identità, ma giovani per esperienza da titolari in Serie A come i vari Zortea, Adopo, Piccoli e compagnia. La crescita di alcuni giocatori ancora in divenire, da Luvumbo a Zappa fino a Makoumbou. La capacità di vincere gli scontri diretti, passaggio fondamentale per restare fuori dalla zona rossa ed essere nelle prime posizioni di una lotta salvezza che è una vera e propria Serie A2. La gestione fisica della rosa, perché i pochi infortuni muscolari anche di calciatori storicamente portati al problema come Mina non può essere un caso, bensì frutto di un lavoro del team che ha condiviso la stagione con Nicola. La capacità di andare oltre le mancanze, dal vice Zappa chiesto e non ottenuto alla punta da affiancare o alternare a Piccoli che non è arrivata nemmeno in corsa, trovando in Coman un innesto accettato, ma non davvero voluto. Certo, ci sono poi anche i segni meno. In primis un percorso che a inizio anno era stato annunciato come privo il più possibile di alti e bassi e che, al contrario, ha avuto fin dal principio discese pericolose. La svolta della seconda parte di campionato, con l’abbandono della “facci manna” e un pragmatismo fin troppo eccessivo. La mancata valorizzazione di alcuni elementi importanti per il club, investimenti come Prati e Gaetano che per un motivo o per l’altro non hanno raccolto quanto atteso. La gestione dei dualismi, poco lineare e piuttosto fatta di apparizioni e sparizioni improvvise. La condizione di sofferenza, come se per poter raggiungere gli obiettivi fosse strettamente necessario vivere in uno stato di continua rincorsa, perché solo con la fatica si può assaporare il sapore del traguardo. La salvezza sì, ma alla fine con gli stessi punti della stagione precedente, stessa chiusura dei conti alla penultima giornata, un consolidamento della categoria ma senza quel salto in avanti minimo che era nelle corde e nelle attese. Alla fine dei conti, però, volendo tracciare un bilancio con due colonne contrapposte, i più superano i meno e la valutazione è oltre la sufficienza. Di poco, ma comunque da non sottovalutare. Fermo restando che la conferma passerà da tanti dettagli e non solo dai meri numeri. VOTO 6,5