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Mereu: “Modello Atalanta? No, pensiamo a una nostra identità”

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Il decano degli allenatori sardi e attuale responsabile dell’Academy del Cagliari Calcio Bernardo Mereu ha partecipato al nostro appuntamento con la rubrica Linea 131: ecco alcune delle sue dichiarazioni.

Sulla ripresa del calcio sardo: “Cadoni è una persona molto attenta, insieme ai vertici della LND valuteranno insieme come far ripartire tutto il movimento: magari si cambierà qualcosina perché quello che è successo ce lo impone, ma non devono venire meno organizzazione e volontà. Sapranno cercare nuove energie, le società dilettantistiche perderanno molte risorse: pensiamo ai vari sponsor, dirigenti che vivono delle difficoltà economiche che saranno fortificate alla ripresa. Nel contempo ci saranno da organizzare tante iniziative per far sì che il movimento possa rifiorire”.

Il supporto al movimento dell’Academy non è mai mancato, anche se a distanza: “Noi dell’Academy non abbiamo mai mollato, ho sempre cercato di interagire sempre con allenatori e dirigenti delle società affiliate al Cagliari: abbiamo anche inviato qualche esercizio ai ragazzi in modo che possano tenersi allenati. Tramite il kerver abbiamo avuto un grande aiuto, questi video vengono riproposti ai ragazzi che si filmeranno e ci sarà una sorta di gara per premiare i primi tre. Abbiamo cercato di stare vicini ai nostri giovani, poi abbiamo fatto varie conference call per mantenere i contatti”.

Sulle prime panchine: “Probabilmente mi mancano solo Carbonia e Tharros. Ho sempre avuto una grande passione per allenare, pur continuando a giocare da ragazzo mi dava molto soddisfazione dare indicazioni alle squadre che guardavo da fuori. Ho vissuto una grande passione nell’anno dello Scudetto del Cagliari; ho sempre avuto un occhio particolare per le figure dei tecnici, ricordo con piacere per esempio Radice che ha salvato il Cagliari”.

Su Michele Filippi: “Io vedo un bel futuro per lui, ha dimostrato sempre una grande intelligenza in campo e fuori. Ha grandissime idee e mezzi, si aggiorna tantissimo e ha tanta passione: ha tutti gli ingredienti e mi piacerebbe potesse diventare un allenatore da Serie A un giorno”.

Sulle esperienze in panchina: “Gli inizi col Superga sono stati molto formativi per me, c’erano ragazzi che provenivano da zone difficili e i materiali tecnici a disposizione erano pochi: fu un grande colpo di fortuna allenare quella squadra, da lì poi andai a La Palma e da lì la mia carriera è decollata. Inizialmente facevo ancora il giocatore, poi lasciai il campo per dedicarmi solo alla panchina; facemmo varie salti fino ad arrivare alla Serie C2 in un periodo che ricordo con molto piacere. Arrivammo a 4 punti addirittura a fare un clamoroso derby col Cagliari, in alcune partite avevamo anche più spettatori di loro quando vivevano una grande crisi: Ranieri e Orrù riuscirono a riportare il Cagliari in alto, ma al contempo distolsero tifosi e mezzi dal La Palma e pur salvandosi in C2 fallì. Giocavamo contro il Chievo in quel girone, chissà che se fossimo riusciti a mantenere in vita il La Palma avremmo potuto diventare una realtà come loro. Rimpianti? Ho sempre preferito allenare in Sardegna a costo di grandi sacrifici, perché continuavo a lavorare per sostenere la famiglia: non mi pento di quello che ho fatto e lo rifarei”.

Sulla prima chiamata alla Torres: “Mi chiesero di allenare la Torres in C2 ma non potevo farlo perché non avevo l’abilitazione: al mio posto venne chiamato Leonardi che vinse quel campionato, poi io ottenni il patentino. La Torres era molto convinta di volermi, mi avrebbe fatto piacere iniziare quel percorso dalla C2 con una squadra forte con 4-5 giocatori che venivano dall’esperienza con me al Castelsardo”.

Una Top 11 dei miei giocatori? “Farei uno sgarbo a molti dei miei…Ci sono stati tanti giocatori che ho allenato che avrebbero potuto sfondare in campionati importanti; il calcio del continente era un po’ distante, mancavano i social e c’erano pochi osservatori in giro”.

Sulle differenze tra La Palma e Villacidrese: “Il La Palma rimane una parte storica della mia vita, ero molto giovane e mi sentivo sulle spalle quella squadra. Facevo al campo 5-6 ore al giorno, ci sono delle difficoltà dietro quelle vittorie che solo chi le ha vissute sa. La vittoria con la Villacidrese è stata storica, un ambiente maturo che aveva dimostrato di poterci arrivare”.

Com’è cambiato il mondo del calcio per i giovani? “Le capacità tecniche erano quelle che venivano osservate di più; se prendiamo in esame il Cagliari campione d’Italia si parlava di giocatori che si organizzavano per poter andare subito al campo nonostante facessero molti altri lavori in gioventù. Oggi i ragazzi hanno tutto, i genitori sono più presenti e spesso scelgono strutture e società attrezzate: però la concorrenza è molto alta, non tutti riescono ad emergere anche per questione di carattere. Prima ce la faceva su 1000, oggi uno su 10000. Sono cresciute molto la didattica e metodi di insegnamento, nel calcio si sono fatti passi da gigante”.

Su Langella e Udassi: “Antonio aveva capacità stratosferiche, ma in quel periodo non aveva ancora la consapevolezza di poter arrivare: piano piano sono riuscito a fargli credere quali erano le sue reali potenzialità. Quando vedo un mio giocatore sogno sempre che possa raggiungere il gradino più alto: sapevo che sarebbe potuto arrivare in Serie A, ma forse alla Nazionale no. Quando lo allenavo gli dissi di lavorare sul carattere, magiare più volpe e meno cinghiale… In A poteva arrivarci anche Udassi, ma ha fatto scelte d’amore verso la Torres in certi periodi: io lo chiamavo il Van Basten dei poveri, avrebbe potuto accettare altre offerte e forse chi sa arrivare più in alto. Stefano l’ho visto crescere, diventare uomo e ora lo vedo diventare un bravo allenatore: gli auguro di raggiungere livelli alti, ha idee chiare temperamento e qualità”.

Modello giovanile del Cagliari come quello di Atalanta o Barcellona? “Credo che stia lavorando in quest’ultima direzione dando identità alle proprie squadre: è un lavoro capillare iniziato da Oscar Erriu e proseguito ora da Pierluigi Carta, mandiamo avanti un’attività di base con grande dedizione e intelligenza, anche quest’anno avremmo raggiunto i playoff con l’Under 15. È una organizzazione capillare che permette di avere giocatori da tutta la Sardegna. La Primavera di Canzi può raccogliere i frutti di questo lavoro e con loro eravamo secondi solo all’Atalanta, hanno fatto un gran lavoro il DS, Canzi, Daniele Conti e Agostini, ma tutta l’organizzazione del Cagliari Calcio è stata perfetta e abbiamo raggiunto un livello di elite. Non bisogna però fermarsi e questo penso la volontà di tutte le persone che ci lavorano e anche della società che ha sempre investito in questa direzione. Parlerei di modello Cagliari vero e proprio, non di Atalanta e Barcellona”.

Ci sono giocatori e tecnici che hanno un futuro roseo ai massimi livelli? Quelli della Primavera possono sognare di andare in A, ma a me piace molto il figlio di Emiliano Melis anche se ha solo 9 anni ha qualità tecnicihe incredibili. Lo dissi anche di Andrea Pisanu a quell’età e non mi sono sbagliato. Tra i tecnici, Filippi e Udassi ma molti altri: la Sardegna ha tanti allenatori preparati e ora i corsi sono di altissimo livello.

Tra le imprese del mister anche quelle di Olbia e col Progetto Sant’Elia: “Raggiungimento con la salvezza dell’Olbia fu qualcosa di inimmaginabile: spesso dico che fu Santa Rita a darci una mano.  Al Sant’Elia arrivai alla prima giornata del girone di ritorno e come d’incanto la squadra riuscì a risollevarsi con tanti ragazzi che fecero bene come Floris, Atzori, Frongia, Virdis, Sanna”.

Sul progetto Natzionale: “Penso sia un progetto motlo bello portato avanti da persone con grande motivazione. Attraverso i giocatori si può far conoscere la nostra terra, il calcio è un veicolo mediatico incredibile: usare l’immagine del nostro sport per valorizzare la nostra isola è ottima cosa. Gli impegni col Cagliari sono diventati incessanti e non potevo dedicare tempo e serietà verso questo affascinante progetto: sono felicissimo di aver ceduto il testimone a Pusceddu, una figura di spessore del calcio regionale”.

 

 

 

 

 
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