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Tommaso Giulini, presidente del Cagliari

Un lockdown tra dubbi e certezze (e tagli)

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Come è cambiata la comunicazione della dirigenza del club rossoblù durante le settimane di lockdown dovuto al coronavirus? Abbiamo provato a fare un’analisi delle ultime dichiarazioni della dirigenza.

Dal no ai proclami populisti (Twitter, 8 marzo) alla richiesta di regole certe per la ripresa. E, soprattutto, dal grazie ai tesserati (tantissimi, poi diventati tutti e infine tanti) per la rinuncia a una mensilità di stipendio alla risposta “Attendo aggiornamenti in merito dal direttore Carli”, data nelle ultime ore al collega del Corriere dello Sport Andrea Ramazzotti che gli chiedeva un aggiornamento sulla situazione nello spogliatoio rossoblù. I quasi due mesi di lockdown hanno cambiato tante, se non tutte le nostre abitudini e lo stesso si può dire rispetto alla linea di pensiero portata avanti dal presidente del Cagliari, Tommaso Giulini. Diverse interviste o uscite ai vari microfoni (in ordine sparso: Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport, Videolina, Sky Sport, Ansa, Rai), alcune concentrate nei giorni della ricorrenza dello Scudetto 1970, altre – la maggior parte – diluite nel tempo. E, volendo prendersi la briga di analizzarle, si può notare come l’approccio del patron rossoblù ai diversi temi oggetto di discussione abbia, in alcuni casi, seguito linee diverse con il passare dei giorni.

Tagli agli stipendi: argomento tabù?

Il tema dei tagli agli stipendi è sicuramente uno di questi. “Noto grande senso di responsabilità, tutti i nostri tesserati e non solo i giocatori hanno rinunciato già a una mensilità. Un gesto di grande responsabilità che permette di limitare le perdite, che sarebbero comunque pesanti anche considerando i diritti TV che per ora rientrano e se dovessero mancare si parlerebbe di catastrofe. Se non dovesse ripartire il campionato vedremo cosa fare per i prossimi mesi, per ora possiamo solo ringraziare coloro che hanno fatto questo gesto”, disse Giulini il 31 marzo ai microfoni di Monitor, trasmissione di Videolina. Con quella piccola confusione sull’aggettivo usato, prima tantissimi, poi tutti e, infine, tanti, quasi a sottolineare che in realtà la situazione non fosse esattamente unitaria. Poi, nelle settimane successive, passa il concetto condiviso in Lega: se non si gioca, non si ha diritto alla retribuzione per l’esecuzione della prestazione. Parole poi confermate dal direttore generale Mario Passetti ai microfoni di Tuttomercatoweb, ma di recente il tema sembra essere passato di moda nel dibattito sul piano nazionale. La difficoltà (per non dire impossibilità) nel trovare un nuovo accordo tra Lega di Serie A e Assocalciatori mostra due posizioni quasi inconciliabili, con gli effetti che si producono però all’interno dei bilanci dei singoli club. E, in casa Cagliari, ancora non è chiaro chi sia ad aver effettivamente rinunciato ai propri emolumenti, a fronte del regime di cassa integrazione per i dipendenti del club fatto partire dallo scorso 1° aprile.

Crisi, fastidio e frizioni: manca l’accordo, ma lo si vuole trovare

Anche per questo, rileggendo la corposa e succulenta intervista rilasciata da Giulini a Ramazzotti, non si può non scorgere una punta di fastidio nel dover affrontare il discorso stipendi. “Ci vuole un accordo di rinuncia parziale alla retribuzione da parte di tutti i calciatori in rosa che per più di 2 mesi consecutivi non avranno fornito alcuna prestazione. Sono ancora troppo poche le squadre che hanno raggiunto un accordo. È falso dire che si pretende di far cadere solo sui calciatori il peso di questa crisi. La crisi cade in primis sulle società e sui dipendenti costretti alla riduzione degli stipendi o alla cassa integrazione. Anche i calciatori devono fare la loro parte e devono farla subito. Qualora i mesi di inattività si limitassero a due e mezzo come speriamo, credo infatti sia congruo che i calciatori rinuncino solo a un dodicesimo della loro retribuzione complessiva”. Ossia, per tradurre in linguaggio comune quella che sembra una risposta in avvocatese, un solo mese sui dodici dell’accordo annuale. Una volontà di venire incontro ai calciatori, purché anche essi mostrino lo stesso spirito di sacrificio. Anche se il riferimento all’atteso “aggiornamento da parte di Carli” suona tanto di segnale di una pazienza non inesauribile da parte del club.

Il mantra: “Ripartiamo con regole certe”

L’altro tema comune alle ultime interviste di Giulini e Passetti è la necessità di “regole certe” sulla ripartenza da parte delle istituzioni, governo Conte in primis. “Bisogna scrivere le regole del gioco prima che il gioco riprenda. Quindi è opportuno che non si ponga il focus solo sul protocollo sanitario, ma anche sugli aspetti regolamentali, giuslavoristici, organizzativi e delle varie responsabilità che da questi derivano”. Un vero e proprio mantra, ma è una richiesta inevitabile. Soprattutto perché, nelle settimane di lockdown, sulla certezza delle regole si è dibattuto a più livelli e non è questa la sede adatta per riportare alla memoria i diversi casi. Una richiesta che, alla luce delle ultime decisioni prese in altre nazioni, è di attualità stringente: ci sono i casi di Olanda, Francia e Argentina dove la soluzione delle interlocuzioni tra governo, leghe e federazioni è stata la chiusura anticipata della stagione. Esempi che il mondo del calcio italico, ovviamente, vorrebbe non dover seguire, a differenza di Bundesliga e Premier League dove l’aria che tira è ben differente. Non a caso la rinnovata unità di intenti in Lega fa pensare, dopo mesi di diatribe (nonostante non siano mancate le polemiche anche negli ultimi giorni). Insomma, la volontà del Cagliari è chiara: si deve riprendere e non fa che ripeterlo anche il neo 60enne Walter Zenga – a proposito, buon compleanno – in tutte le tante occasioni che lo hanno visto protagonista. Perché attendere ancora potrebbe causare danni irreparabili al sistema calcio nazionale, a tutti i livelli. Ripartire, dunque, con fiducia. Anche se la prospettiva del “gran caos” ipotizzata da Giulini relativamente alla prossima stagione pallonara non lascia certamente dormire sogni tranquilli…

Francesco Aresu 

 
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