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Ze Maria: “Grazie Olbia: sarei voluto restare, ma non c’erano i presupposti”

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Dalla casella numero 17 della classifica, al decimo posto che è valso la salvezza diretta nel girone G della Serie D. Un percorso tutt’altro che semplice quello compiuto dall’Olbia che da novembre in poi, quindi dal subentro di Zé Maria sulla panchina dei galluresi, tra sfide ostiche e un clima tutt’altro che sereno, è riuscito a centrare la permanenza in Serie D. Ai nostri microfoni è intervenuto proprio il tecnico brasiliano, ex giocatore tra le altre di Perugia, Parma e Inter che vanta oltre 200 presenze nella massima serie nazionale e 27 gettoni con la selezione verdeoro. Una piacevole intervista sui 7 mesi vissuti in Gallura, con il dispiacere a fare da padrone nei sentimenti per come si è arrivati alla separazione, in particolare per il legame che è riuscito a creare con il gruppo squadra e la piazza.

Mister Zé Maria, sono passate due settimane da quel 3-3 contro la Gelbison, un pareggio che è valso la salvezza in una stagione come anche lei ha definito tutt’altro che semplice. Quali sono le sue sensazioni, a freddo, a traguardo raggiunto?

“La stagione e quindi la pratica salvezza è stata archiviata in quella gara all’ultimo turno, ma dovevamo con chiuderla con quattro o cinque giornate di anticipo. Giocavamo un bel calcio e avevamo tutto sotto controllo, in questo senso non c’era preoccupazione in particolare per i segnali che mandava la squadra. Nonostante tutte le difficoltà che abbiamo attraversato, abbiamo fatto il nostro dovere”. 

A novembre è approdato in Sardegna, l’Olbia era 17° e il primo match è stato il derby contro il Cos. Che ambiente ha trovato, parlo sia di squadra che dirigenza, e su cosa ha dovuto lavorare maggiormente?

Ero il terzo allenatore in tre mesi di campionato. Sicuramente non ho trovato un ambiente tranquillo. In più, a due giorni di distanza da quella gara, la società ha deciso di mandare via capitano e vice capitano. Quella è stata una bomba che si è aggiunta a un ambiente già turbato. E questa è una cosa molto delicata, perché qualsiasi società che tocca il capitano e il vice capitano tocca dei punti delicati: va a incidere negli equilibri. Trasmettere la tranquillità all’ambiente quando vengono mandati via i leader dello spogliatoio non è semplice. In quel momento però non serviva andare allo scontro, ho trattato i giocatori come fossero dei figli, che a volte vanno tirate loro le orecchie e altre vanno abbracciati. In quel periodo è stato fondamentale tenere la calma perché l’importante era portare la nave in porto. Gestire questo non è stato semplice. Però è andata bene, perché entrare nella testa dei giocatori quando sei il terzo allenatore, con una metodologia e concetti differenti, non è semplice. Per come siamo partiti, la squadra è stata veramente brava e forte a uscire da quella situazione”. 

Lei ha dato la svolta alla squadra, ma anche il ritorno a campionato in corso di Ragatzu e Biancu, due giocatori fortemente legati al club e di indubbia qualità. Quanto è stato fondamentale il loro apporto, in particolare nei momenti più bui?

“Sono due giocatori che conoscono perfettamente l’ambiente e sono identificati con i colori dell’Olbia, ci hanno dato una mano importante. Sono calciatori fuori categoria. Ragatzu aveva voglia di ritornare a Olbia e Biancu lo stesso. Loro hanno alzato tanto il livello, anche sotto l’aspetto della mentalità. E tanti giocatori sono poi venuti fuori in maniera ancora più importante”. 

Abbiamo parlato dell’apporto di giocatori come Biancu e Ragatzu e di quanto anche per lei non sia stato semplice. Da giocatore ha vissuto ambienti di ben altro livello: dalla Serie A con Perugia, Parma e Inter, ma soprattutto con la storica e gloriosa maglia del Brasile. Come ha bilanciato risultati e malumori della squadra tra scioperi e stipendi in ritardo?

Sono stati momenti difficili in cui serviva avere la completa fiducia dell’ambiente, spiegare loro le cose come andavano e ciò che era veramente importante per la loro carriera, che va oltre l’Olbia. Ho lavorato maggiormente su questo aspetto perché tanti di quei giocatori si ritroveranno ad andare in giro per l’Italia tra Serie C e Serie D. Loro dovevano capire che scioperando sarebbero rimasti una settimana o dieci giorni fermi e questo avrebbe fatto male al loro futuro. Gli ho spiegato che quella dello sciopero non era la giusta strada. Per fortuna lo hanno capito, hanno scioperato un giorno e poi si sono allenati. Io ho sempre detto la verità ai miei giocatori in modo assoluto, anche se questa faceva male, alle volte discutendo. Perché è questa la mentalità dei professionisti e questa serve anche nei dilettanti. È necessario avere una mentalità forte e loro la hanno avuta”. 

Come detto un forte legame con Olbia, ma allo stesso tempo una delle sue caratteristiche principali è stata la schiettezza e l’essere diretto. Tanto che nell’ultima conferenza ha detto che la sua permanenza sarebbe stata legata al cambiamento di determinate dinamiche che però, sempre secondo lei non sarebbero cambiate. In questo senso, da persona di grande esperienza all’interno del calcio, cosa va cambiato e qual è lo step di crescita più importante che deve fare il club?

“Io parlavo costantemente con i dirigenti e con i responsabili. Loro sapevano ciò di cui avevo bisogno, non tanto per continuare insieme, quanto per far crescere l’Olbia. Il mio desiderio più grande era di creare un progetto solido per riportare l’Olbia in Serie C. Loro mi hanno chiamato a novembre per conquistare la salvezza e poi riportare i bianchi in Serie C. Il desiderio dei proprietari è quello di portare la squadra in Serie B. Io ero disposto a continuare il percorso insieme a loro. Questo però con tutte le garanzie necessarie: quindi gli stipendi regolari, i giusti materiali e tante altre cose necessarie che si devono fare e avere se si vuole veramente competere per vincere un campionato e tornare tra i professionisti. La mentalità deve essere quella, indipendentemente da Zé Maria. Questo io l’ho sempre detto a loro, bisogna avere la mentalità vincente e da professionisti, poi i risultati arrivano. Se si è seri come società e si mantiene la parola data, logico che i ragazzi danno il massimo e vogliono rimanere in quell’ambiente”.

Si vede un po’ di dispiacere per come sono andate le cose, perché si è ambientato bene sia con la piazza che con i giocatori. Quanto rammarico c’è per questa separazione?

“Nel calcio ci stanno le separazioni e i rapporti non durano per sempre. Mi sarebbe piaciuto continuare con il progetto che mi è stato presentato, poi però non ci siamo trovati bene. E come capita anche nei matrimoni, quando ti accorgi di questo è giusto separarsi. Io ho fatto quello che mi hanno chiesto in primis, ovvero salvare l’Olbia, poi come detto non ci sono stati i presupposti per andare avanti. Fa parte del mio lavoro, va bene così e mi dispiace. Poi mai dire mai nella vita, magari questo è solo un arrivederci”.

In questi 7 mesi ha stretto un legame importante con la piazza che le ha sempre dimostrato affetto e stima. Qual è stato secondo lei, oltre al risultato sportivo, il fattore che le ha permesso di legare così tanto con i tifosi?

“Penso grazie alla sincerità con cui ho affrontato tutti gli argomenti, io non mi sono mai tirato indietro su niente e non mi sono mai nascosto. Dal momento in cui hanno mandato via capitano e vice capitano, sono andato a parlare con i tifosi e ho spiegato loro tutta la situazione e come stavano andando le cose. Stessa cosa con i ragazzi, sono sempre stato diretto e sincero con loro. Questa è stata la chiave, io volevo bene ai tifosi e volevo fare in modo che loro mi volessero bene. Loro sapevano che in me trovavano un professionista, che è diventato un tifoso dell’Olbia. Una persona che voleva il bene dell’Olbia oltre ogni cosa. Questo lo hanno capito e lo hanno riconosciuto in me dall’inizio alla fine e questo mi ha consentito di avere un buon rapporto con i nostri sostenitori”. 

È stato un campionato difficile per tutte le sarde in generale, tre retrocessioni su cinque società che hanno partecipato al girone G. Come si spiega questo risultato e qual è la squadra isolana che l’ha impressionata maggiormente in positivo?

Ho fatto tantissimi derby a Olbia, mi ha impressionato molto l’Ilvamaddalena. Ci ha messo tantissimo in difficoltà, abbiamo perso in casa loro. Mi dispiace che siano retrocesse tre squadre sarde perché per la Sardegna non è un bene, è un’isola bellissima e merita di stare su alti livelli. Quelle retrocesse sono squadre che comunque potevano salvarsi, ma l’handicap di fare tanti viaggi durante l’anno danneggia tanto. Questo è un aspetto importante che dà svantaggio in una stagione”.

Cosa porterà con sé in futuro di questa esperienza in Sardegna? E qual è il ricordo più bello di questi mesi?

“Sono stato veramente bene in Sardegna, ho trovato un gruppo disponibile e una città che mi ha voluto bene. Ogni cosa ha il suo lato negativo e positivo, sta a ognuno di noi scegliere cosa portar via. Io ho sempre cercato di conservare il meglio, lasciandomi alle spalle le cose negative. Mi porto dietro l’esperienza vissuta, che mi ha permesso di crescere come allenatore e come persona. Spero di aver fatto crescere i miei ragazzi sia come calciatori che come persone, ma anche chi lavorava a stretto contatto con me. Mi auguro che tutti in qualche modo siano migliorati”. 

Andrea Olmeo

TAG:  Olbia Serie D
 
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