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Tra mercato e gioco: cosa aspettarsi dalla Dinamo per il post-Clemmons

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Le strade di Anthony Clemmons e della Dinamo si dividono in maniera consensuale. L’annuncio della prima mattina non è stato però una sorpresa: come in tutte le storie d’amore sono i segnali a fare la differenza e i quaranta minuti in panchina di lunedì notte lo erano chiaramente stati. Anche se secondo tanti, la scintilla non è mai scoccata.

Relazione breve

Arrivato a fine estate per sostituire il partente Marco Spissu, Clemmons proveniva da stagioni promettenti in VTB, PRO A, Lega Adriatica, oltre che in Eurocup e Champions League. Soprattutto nell’ultima annata all’Igokea, squadra rivelazione della scorsa BCL, il passaportato kazako aveva aumentato il suo apporto in fase offensiva rispetto alla precedente esperienza al Monaco e fatto intravedere ampi margini di miglioramento in fase di regia. Una tipica combo-guard americana, fisica, in grado di alternare le soluzioni offensive personali e con buone doti difensive. Una piccola rivoluzione se confrontato con il suo predecessore, finito prima a Malaga e poi a Kazan, ma adatto all’idea di gioco di coach Cavina, improntata su difesa forte e attacchi rapidi in transizione. Durante il torneo di Cagliari e nelle uscite in Supercoppa contro Varese e Cremona, il rendimento di Clemmons aveva fatto ben sperare. Nel momento in cui però il livello d’intensità di gioco e mentale è salito, il castello è crollato facilmente. Le responsabilità del playmaking sulle spalle del nativo di Lansing, hanno messo in luce più le problematiche che i punti di forza di un giocatore che fa parecchia fatica a mettere i compagni in ritmo con continuità e a gestire il ritmo della circolazione di palla, finendo troppe volte a tenere più del dovuto la palla ferma tra le sue mani. Aggiunti poi i troppi alti e bassi nel corso della gara ma soprattutto un feeling con Cavina che sembra non essere mai definitivamente nato – vedasi reazione contro Tenerife e soprattutto le parole nelle ultime due conferenze stampa di campionato – la scelta è stata più semplice.
Tuttavia, i problemi della Dinamo non si fermano a Clemmons e un taglio non stravolgerà la situazione di una squadra in cerca di un’identità, come confermato da Sardara in conferenza stampa. Ci vorranno il tempo e il miglior Pasquini per trovare l’occasione giusta in un mercato dei playmaker sempre molto stretto.

Dove guardare

L’uscita dell’ex Monaco apre gli spazi per un investimento importante. Difficile pensare che il GM sassarese non abbia già in mano più possibilità vista la comunicazione ufficiale della rescissione. Quello di cui il Banco ha bisogno è un playmaker, un direttore d’orchestra e non un realizzatore puro. Perché malgrado la Dinamo perda un giocatore in grado di mantenere, nelle varie competizioni disputate, la doppia cifra di media punti, con un playmaker di ruolo sarebbero le prestazioni degli altri interpreti – sulla carta – a salire. Inoltre, l’arrivo di un giocatore a occupare lo spot di 1 solleverebbe momentaneamente Battle da compiti di regia a cui non sembra essere adatto, lasciando l’ex Syracuse libero da responsabilità troppo grandi per il momento, oltre che il tempo per imparare con più tranquillità il mestiere.

Il mercato italiano e quello europeo offrono meno rispetto a quello statunitense, ma nei primi due si troverebbero più sicurezze. Perché malgrado un bacino più largo e le esperienze europee di tanti, negli USA il rischio reale sarebbe quello di trovare più un tiratore che un passatore. In Italia, tuttavia, le opportunità son quasi nulle. Nonostante il nome rimbalzi da più parti, quello di Luca Vitali è sì un profilo interessante ma altamente difficile da portare in biancoblù: il playmaker vive una situazione da separato in casa ma è ancora legato contrattualmente alla Leonessa Brescia. Buyout e ingaggio sarebbero una spesa importante per un giocatore che nonostante gli allenamenti individuali non ha mai messo piede in campo nella stagione.

Matteo Cardia

 
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