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Cagliari | Meglio tardi che mai: Ranieri e una svolta attesa da tempo

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Ciò che conta non è il viaggio, ma la meta. Una frase di T.S. Eliot che si potrebbe trovare nei bigliettini quando si scarta un noto cioccolatino e che, allo stesso tempo, può essere metafora dell’eterno dilemma tra risultato (la meta) e il modo in cui lo si ottiene (il viaggio). Il Cagliari di Claudio Ranieri ha scartato il suo personale Bacio trovando 5 punti in 3 partite teoricamente terribili e con nel palato un gusto dolce, ma allo stesso tempo surrealmente amaro pensando a ciò che avrebbe potuto essere e non è stato contro Inter e Juventus.

Dubbio
Un momento d’oro per la squadra rossoblù, certificato dai 14 punti in 9 partite giocate dal 18 febbraio in poi. Una sola sconfitta a Monza, cinque pareggi e tre vittorie, con una crescita evidente sia nell’atteggiamento che nel gioco. E quel bigliettino con la frase di T.S. Eliot che diventa non un’affermazione, ma una domanda: conta più il viaggio o conta più la meta? Ossia, la salvezza, obiettivo da centrare, è importante a prescindere dal come si sono affrontate le tappe per agguantarla? Partendo dal presupposto che la partita per la permanenza in Serie A, pur se entrata nelle fasi finali, non è ancora arrivata al metaforico novantesimo minuto, le ultime tre gare contro Atalanta, Inter e Juventus hanno messo in mostra un Cagliari decisamente superiore alla sua versione precedente. Sia contro le grandi sia in generale. E dunque le domanda sono quasi automatiche: perché soltanto ora? Perché i rossoblù – e il loro condottiero King Claudio – non hanno fatto vedere le stesse qualità nell’arco della stagione? Perché lo hanno fatto soltanto una volta messi con le spalle al muro dalla classifica e dall’elettroshock di Ranieri dopo la sconfitta contro la Lazio? Quanto c’è di fisiologico, strutturale e per certi versi naturale nel viaggio in questa Serie A del Cagliari e quanto, al contrario, è stato creato da errori che si avrebbero potuto correggere prima? La risposta, come spesso accade, sta nel mezzo. E parte dal mercato estivo come presupposto, passa da infortuni – spesso non casuali – che hanno limitato scelte e opportunità e arriva ai correttivi di gennaio decisivi per la svolta.

Salita
La consapevolezza di un inizio complesso nelle prime otto giornate era stata certificata dalle parole sia di Ranieri che del direttore sportivo Nereo Bonato al momento dell’annuncio del calendario. Il mercato ha fatto il resto, con l’arrivo di calciatori o alla ricerca di riscatto dopo una stagione buia – e quindi con condizione da ritrovare – o con poca esperienza per la categoria sia perché giovani sia perché nuovi per il campionato italiano. Più chi già c’era, con la spina dorsale esperta ma anche non esattamente nel fiore degli anni. Una sorta di ammissione di inferiorità che ha visto Ranieri sfruttare il calendario complicato per fare le prove generali, analizzare nel profondo la rosa e arrivare alla quadra una volta superate le prime libecciate. Eppure anche nell’approccio con soli due punti in otto gare non sono mancati i segnali positivi. Il pareggio a Torino all’esordio, la sconfitta contro il Bologna frutto di un errore di Radunovic all’ultimo minuto – e oggi il valore degli emiliani dà un altro peso a quella partita – e il punto casalingo contro l’Udinese quando i rossoblù mancarono diverse occasioni per una vittoria che sarebbe stata meritata. Contro le grandi i passaggi a vuoto più pesanti, Inter, Fiorentina e Roma gare remissive e lontane da quelle viste nel recente filotto positivo. In mezzo quelle contro l’Atalanta e il Milan, nelle quali le incertezze di Radunovic cambiarono il giudizio su prestazioni per certi versi non così deficitarie.

Attacco
La prima svolta dalla partita di Salerno, un pareggio che non solo è stato l’inizio di una serie di tre gare da sette punti, ma anche l’esempio di ciò che Ranieri pensava di poter ricevere da alcune scelte. La staffetta Mancosu-Viola, iniziata all’Arechi, aveva dato a Sir Claudio la possibilità di avere per 90 minuti un giocatore di qualità e fantasia sulla trequarti, eliminando il fattore della condizione fisica non esaltante di entrambi e sfruttandone così le caratteristiche alternandoli nella stessa partita. Così anche contro Frosinone e Genoa il passaggio del testimone tra Mancosu e Viola durante la partita aveva portato due vittorie consecutive, prima che il nuovo stop del numero 5 togliesse a Ranieri la sua arma non più nascosta. È qui la ragione dell’importanza dell’arrivo di Gaetano a gennaio, con Mancosu ormai ufficialmente out per tutta la stagione o quasi e il bisogno di ritrovare un alter ego di Viola, ma capace di reggere atleticamente più a lungo. Senza soluzioni di qualità non era percorribile la strada del gioco più propositivo, inevitabilmente sacrificato sull’altare della compattezza. Chiedere dunque a Ranieri un atteggiamento offensivo senza un vero numero dieci – al netto della presenza di Viola – una pratica più utopica che realistica, se poi si aggiungono i problemi del reparto avanzato il cerchio si chiude. Alibi e colpe, perché le assenze di Petagna e Pavoletti e la gestione estiva dell’infortunio di Lapadula sono sì giustificazioni, ma anche scelte. Pagate, lo dicono i fatti, a caro prezzo fino a febbraio. Senza dimenticare Luvumbo e la Coppa d’Africa e Shomurodov che, per quanto sfortunato per il problema al piede, avrebbe comunque salutato i compagni causa Coppa d’Asia.

Fattore Yerry
Gennaio ha regalato a Ranieri due innesti diventati fondamentali con il tempo. Non è un caso, infatti, che la crescita della difesa sia coincisa non tanto con l’arrivo in Sardegna di Mina, quanto con il passare delle partite con il colombiano in campo. L’ex Fiorentina era reduce da una prima parte di stagione da seconda linea, poche presenze e problemi muscolari a tormentarlo come da tradizione della sua carriera. Una volta ritrovata continuità, l’effetto della sua presenza – e della combinazione tra personalità ed esperienza – si è propagato a compagni fino a quel momento lontani dalle aspettative. A San Siro la prima dimostrazione, con Hatzidiakos e Obert mai così sicuri e una difesa inedita ma improvvisamente affidabile. Contro la Juventus la conferma, perché la prestazione del greco ex AZ ha dato risposte ancora più valide dei primi segnali incoraggianti di Milano. E così la personalità di tutta la squadra, con Mina leader mentale assoluto e la consapevolezza del gruppo evidente nell’atteggiamento. Caratteristica difficile da mettere in mostra prima dell’arrivo del colombiano. La presenza dell’ex Everton ha determinato una maggiore affidabilità della retroguardia e, di riflesso, una nuova opzione per Ranieri. Giocare a viso aperto, mantenere l’attenzione ma senza rinunciare ad offendere. E senza partire battuti in gare sulla carta proibitive, diventate necessariamente fondamentali per la corsa salvezza. Non una questione solamente di testa, bensì anche di qualità che hanno creato i presupposti per la svolta nei risultati e nel gioco. Con la nave non ancora in porto, ma con una velocità di crociera che sembra poter portare il Cagliari alla meta. Dopo un viaggio partito in burrasca, passato per acque calme e poi nuovamente in balia delle onde. Un viaggio, però, apparso necessario per giungere alla parte finale, con le vele dispiegate e l’obiettivo finale alla portata.

Matteo Zizola

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