Lunga intervista sul sito statunitense Espn per Jakub Jankto. Tanti i temi toccati dal centrocampista del Cagliari durante il dialogo con il giornalista Sid Lowe, tenutosi tra l’Unipol Domus e le strade del centro del capoluogo. Di seguito un estratto della lunga intervista del giocatore ceco, arrivato in Sardegna nell’ultima estate.
Sul proprio coming out
“Nel calcio c’era, e penso ci sia, un po’ di omofobia. È così e non posso cambiarlo. Ci sono diverse mentalità ovunque, in alcune di questa è una questione normalizzata. Sono stato sorpreso di essere il primo a dirlo, come se fosse una cosa nuova. Forse ora non sarà più così. Siamo nel 2023, non voglio che i calciatori debbano spiegare e spiegarsi. Io mi sento bene se, un uomo gay o etero che sia, non ha bisogno di annunciare la propria sessualità come un qualcosa di sorprendente, come è accaduto a me. Il primo motivo per cui ho fatto coming out era per me stesso e dopo aiutare qualcuno che fosse nella mia situazione. Lo rifarei, ma a essere onesti è stato un periodo difficile. Adesso ne parlo in maniera leggera, ma a febbraio scorso dopo il video ho avuto bisogno di tempo per me stesso. Alcune persone vorrebbero fossi una guida di una comunità, ma quello che rispondo è: rispetto tutti, ma ho bisogno di concentrarmi su me stesso e sul Cagliari, forse anche la nazionale. Non posso decidere per gli altri. Ho voluto dare un messaggio per tutti e penso sia andato bene, ma è finita lì. Ora è tempo di andare avanti”.
Sul Cagliari, i tifosi e sui leader della squadra
“I tifosi qui sono veramente vicini. Sono intensi, è come se fossero il dodicesimo uomo in campo. Quando siamo stati in una brutto momento non ci hanno fischiato, non ci hanno urlato contro, hanno continuato a supportarci. Qualche settimana fa eravamo sotto 3-0 e abbiamo sentito questa energia. Abbiamo vinto 4-3. Di cosa si parla in spogliatoio prima della gara? Calcio. C’è differenza tra lo spogliatoio e il campo d’allenamento. Dipende dalla situazione. Con ragazzi che hanno 18, 19, 20 anni forse non puoi parlare di politica. Quando sei giovane c’è un po’ di paura, oltre che tanto rispetto. Sono più tranquillo, più esperto ora, ho più responsabilità. Ma non mi sento come se fossi un capitano. Leonardo Pavoletti, Nicolas Viola, Gianluca Lapadula, loro sono i leader. Un’ora prima della gara ci sediamo qui (gli spogliatoi della Unipol Domus, ndr) e pensiamo a cosa potrebbe accadere in campo”.
Su Ranieri
“Ha portato il Cagliari dalla B alla Serie A, è come se fosse un re in città e quest’estate mi ha voluto con lui. Sono davvero soddisfatto di poter lavorare con lui. Dopo le partite scherza sempre. Potrei aver segnato o fatto un assist e lui dice: “Kuba, hai giocato oggi? Io non ti ho visto”. Non posso dire nulla su di lui, ho un grande rispetto della sua persona. Conosce bene i giocatori, la loro mentalità, riesce a connettersi. Ha grande esperienza e sa esattamente come funziona il calcio. A volte potresti pensare che sta facendo qualcosa di strano, poi alla fine ha ragione lui”.
Sul futuro
“Per ora voglio solo giocare a calcio. Non voglio pensare troppo. Sono focalizzato al 100% sul Cagliari. Qui ci sono belle persone e vedo un futuro brillante. Sapevamo sarebbe stata dura perché veniamo dalla Serie B, ci sono squadre più forti ma noi siamo un grande gruppo e con l’aiuto dei nostri tifosi speriamo di restare in Serie A. Farò tutto il possibile per raggiungere l’obiettivo, poi magari se le prestazioni saranno buone potrò pensare anche alla nazionale. Nel calcio, ciò che succede, succede. Segni e il giorno dopo non ci pensi più perché c’è un’altra partita. Questa mentalità mi sta aiutando a spingere e ad andare avanti. Quando ero più giovane volevo più il pallone tra i piedi, ora il focus è più sulla squadra e sulla tattica. E il calcio continua comunque a divertirmi. Questo è quello che ho sempre sognato”.
La Redazione
