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Alberto Dossena durante Cagliari-Benevento | Foto Luigi Canu

Cagliari, l’indispensabile Dossena simbolo della rivoluzione lenta di Ranieri

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Il dimenticatoio è un luogo immaginario, ma a volte si ha l’impressione di finirci dentro. Un luogo in cui le vie di uscita sono poche e in cui la sopravvivenza della fiducia in sé stessi è messa a dura prova. Per uscirne non bastano coraggio e voglia, serve anche lo sguardo altrui. E così è stato anche per Alberto Dossena. Alle spalle di tutti nella prima parte di campionato, con il mercato di gennaio che sembrava poter essere il mese di un trasferimento o di un arretramento ulteriore nelle gerarchie con la ricerca di un centrale difensivo di esperienza. Poi invece la mano tesa di Fabio Pisacane, seguita da quella di Claudio Ranieri, hanno portato il prodotto del vivaio dell’Atalanta a non lasciare più il centro della difesa del Cagliari.

Scelta

La gara con il Cosenza è stata l’inizio di tutto. Una decisione a sorpresa, dell’ex difensore dei rossoblù in panchina, in una partita che vide diversi giocatori lasciati ai margini nell’allora recente passato diventare protagonisti. Una scelta però rivelatasi non casuale, come testimoniato dalle parole dello stesso Pisacane dopo il 2-0 alla Unipol Domus contro i Lupi. “Avevo visto come stava lavorando negli ultimi mesi e per me meritava questa opportunità. Si è fatto trovare pronto e gli faccio i complimenti. Non avevo dubbi. Mi assomiglia anche per storia e gavetta. Ha passato dei mesi complicati”. Gavetta e lavoro. Mantra quasi imprescindibili nel mondo del calcio, che però avevano bisogno di essere uniti a caratteristiche necessarie a un Cagliari che nella prima parte di campionato aveva visto il susseguirsi di errori difensivi sintomo della poca serenità del reparto. Pochi fronzoli con la palla tra i piedi, fisicità e capacità di leggere con anticipo le situazioni offensive avversarie. Qualcosa che anche l’occhio esperto di Claudio Ranieri non ha potuto fare a meno di notare. Anche perché funzionale a una maggior concretezza cercata sin dal principio dall’allenatore romano. Così da stagione complessa, l’annata in rossoblù potrebbe essere diventata quella della svolta, un obiettivo mai nascosto dal giocatore sin dal giorno della conferenza stampa della sua presentazione.

Conferma

Sempre titolare e una sola sostituzione nell’ultimo turno giocato contro la Reggina. Nell’era Ranieri, Dossena è il giocatore di movimento che ha messo insieme più minuti. Sui 1053’ minuti giocati dalla prima partita del girone di ritorno con il Como fino alla gara con la Reggina, tenendo conto anche dei recuperi, il classe ‘98 è restato alla guida della difesa per 1036’ minuti totali. Con il passaggio dell’iniziale difesa a tre a quella a quattro, utilizzata principalmente dalla partita di Bari in poi, che non ha sortito alcun effetto sulla sua presenza in campo. Perché se all’inizio il rientro di Goldaniga e la ritrovata fiducia di Altare potevano potenzialmente cambiare qualcosa, le scelte fatte hanno poi confermato le nuove gerarchie. Scale di valori che hanno visto Dossena superare silenziosamente la concorrenza interna di giocatori più esperti come Capradossi. Non sono solo gli appena sei gol, di cui due su rigore, subiti nelle undici gare con il bergamasco in campo a farne comprendere l’importanza. A dare manforte alle decisioni prese dal tecnico romano sono i dati che vedono Dossena come il primo difensore per contrasti vinti in rosa con una percentuale del 65%, ma soprattutto le prestazioni, con la partita di Bari esempio più limpido delle sicurezze del difensore, capace allora di rendere innocuo il capocannoniere del campionato Walid Cheddira.

Arrivato quasi a sorpresa in un mercato estivo ricco di acquisti di giocatori di esperienza e più adatti al gioco di Liverani votato al possesso palla, Dossena si è preso il suo spazio con il tempo. Trasformandosi così non solo una pedina fondamentale per riequilibrare una difesa che fino al girone di ritorno aveva badato più alla forma che al risultato, ma anche in un investimento riuscito per il club rossoblù, che scorgendo nel proprio dimenticatoio ha evitato di sconfessare le proprie scelte e sembra ora poter guardare con più fiducia al futuro.

Matteo Cardia

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