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Cagliari | Tra modulo e necessità: Ranieri al bivio sulla difesa

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Sperimentare, arrivare all’obiettivo finale attraverso errori e cambi di strategia, raggiungere il risultato e infine proseguire sulla strada tracciata. Come in un laboratorio, tra provette e tentativi, fino a trovare la formula giusta. Claudio Ranieri sembrava aver scoperto la pietra filosofale per il suo Cagliari: un inizio complicato, ma utile, per prima modellare e poi scoprire qualità e difetti del materiale a disposizione. Quindi la svolta grazie anche al ritorno al passato. Infine una nuova inversione di marcia tattica che, però, non ha dato i risultati sperati. Pacche sulle spalle sì, resilienza pure, ma un solo punto e una classifica che chiede una nuova spinta.

Ritrovare la via

Ai tempi della Premier League Sir Claudio non aveva visto di buon occhio quell’etichetta data dalla stampa inglese che risponde al nome di Tinkerman. Troppi cambi, troppe formazioni una diversa dall’altra, la duttilità che da pregio diventa difetto, il noi che lascia spazio al loro forzando scelte con l’obiettivo di contrastare l’avversario di turno più che imporsi. Senza che mancassero gli alibi, allora come oggi, quelli di una rosa che passa attraverso assenze e ritardi di condizione, nuovi innesti arrivati tardi, infortuni e quant’altro. Eppure c’è un reparto che non ha visto in faccia la sfortuna, in cui quasi mai i suoi elementi hanno marcato visita. La difesa del Cagliari, cruccio con i 26 gol subiti e i tanti, troppi errori individuali, seconda peggiore della Serie A dietro alla sola Salernitana con 28 e sullo stesso livello di Sassuolo ed Empoli. A un certo punto la quadra sembrava essere stata trovata, con il passaggio dalla linea a tre a quella a quattro proprio nella trasferta di Salerno, prima partita del filotto positivo che aveva portato i rossoblù a collezionare sette punti in 3 gare più la vittoria in Coppa Italia contro l’Udinese. E anche nella successiva trasferta di Torino contro la Juventus il Cagliari si era presentato con la difesa a quattro, perdendo sì ma subendo due gol entrambi su palla inattiva e mettendo in campo una prestazione di buon livello in una sfida complicata per definizione. Poi, contro Monza e Lazio, ecco il ritorno alle origini del campionato: retroguardia a tre, l’idea di contrastare così i pericoli dati dal tridente avversario, teoria che ha funzionato nella pratica dei primi 45 minuti contro i brianzoli per poi pagare dazio nella ripresa e nella prima mezz’ora dell’Olimpico contro la Lazio. E non sembra un caso che proprio di fronte ai biancocelesti, pur in inferiorità numerica, il Cagliari sia riuscito a tenere botta e a rischiare meno proprio con il ritorno alla difesa a quattro.

Nodi

Subito dopo il ritorno in Sardegna dello scorso gennaio Ranieri aveva posto come obiettivo quello di sistemare le fondamenta della casa tattica. Difesa più solida, un 3-5-2 utile per ridare sicurezze a una retroguardia fino a quel momento in difficoltà. Ritrovate certezze, la svolta arrivò quando Sir Claudio decise di cambiare, con il rush finale fino alla vittoria di Bari che diede la promozione in Serie A ai rossoblù. Con un reparto rinnovato il tecnico romano ha mosso gli stessi passi anche nella nuova stagione, partendo da un più solido 3-5-2 per poi provare a passare al suo classico 4-4-2 contro Inter e Bologna. Oltre che cambiando spesso in corsa a seconda della situazione contingente. Le difficoltà contro i nerazzurri e la sconfitta rocambolesca in Emilia hanno portato Ranieri a fare marcia indietro, ma senza ottenere i risultati sperati alla voce solidità. Con una nuova inversione, il filotto positivo e la sorpresa arrivata contro il Monza. Avere più vestiti tattici con cui vestire la propria squadra può essere un pregio, ma cambiare troppo può renderlo un difetto, togliendo certezze a una rosa che di certezza fatica a trovarne. E se la coppia Dossena-Goldaniga sembrava aver ridato tranquillità – oltre a una maggiore freschezza offensiva data dall’uomo in più tra mediana e attacco – l’inserimento di Hatzidiakos e il ritorno alla difesa a tre non ha dato continuità al solco tracciato da Salerno in poi. E il tema non riguarda solo i centrali, perché anche gli esterni possono essere la causa della svolta tattica all’indietro. L’infortunio di Nández, un Augello che da certezza è diventato dubbio, Zappa e soprattutto Azzi che pagano lacune nella fase di non possesso. È forse qui il nodo, con Ranieri che senza la dovuta solidità alla voce terzini ha preferito non correre rischi e rinforzare la linea con un uomo in più. Coperta corta, un classico, che però non ha portato a migliorare i dati dei gol subiti mentre ha sì peggiorato nelle ultime tre gare quello dei gol fatti. Non solo per le mancanze di chi le reti dovrebbe segnarle – leggasi attaccanti – ma anche per una tattica che non ha aiutato a produrre con costanza.

Contro il Sassuolo, lunedì 11 dicembre alla Unipol Domus, il Cagliari dovrà ritrovare se stesso per cercare tre punti fondamentali. Senza paure, senza aspettare gli ultimi minuti come all’Olimpico per dare sfogo all’attacco. Magari con quella difesa a quattro messa nel cassetto, pur se i neroverdi mettono in campo una tattica di per sé simile a quella di Monza e Lazio. Il momento di contrastare le peculiarità altrui deve lasciare il passo al provare a colpire, ad affondare nei difetti degli avversari piuttosto che pensare a come limitarne le qualità. Una presa di coscienza resa necessaria dalla classifica e non solo. Anche le ultime uscite hanno raccontato di una squadra rossoblù che non può pensare ad altro che al fare un gol più dell’avversario, perché l’uomo in più in difesa non ha garantito – anzi – maggiore solidità. Senza dimenticare l’attenzione ai particolari, ma soprattutto puntando sulla propria forza nonostante le difficoltà. Tinkerman non è solo un’accezione negativa, sempre che diventi il modo per creare problemi attraverso la duttilità e i cambi piuttosto che come semplice risposta alla proposta di chi si ha di fronte.

Matteo Zizola

 
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