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Cagliari, striscioni e fischi: le prime crepe da gestire per il dopo-Ranieri

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La tregua è finita. L’unione che ha fatto la forza del Cagliari vede aprirsi vecchie crepe, mai davvero sopite ma soltanto messe da parte per il bene comune chiamato Serie A. Non solo la serata d’addio di Claudio Ranieri, l’ultima di campionato contro la Fiorentina ha tolto il tappeto e mostrato nuovamente la polvere nascosta da quando l’allenatore romano era tornato in Sardegna.

Botta e risposta
Prima un volantino, poi i cori, infine uno striscione a riassumere con una frase il tutto. In un botta e risposta a distanza tra la curva rossoblù e il presidente Tommaso Giulini che non è passato per nulla inosservato. Tutto è iniziato dopo la vittoria salvezza contro il Sassuolo a Reggio Emilia, quando il patron del Cagliari aveva esposto nel postpartita la sua personale realtà per il futuro della squadra: “Finché resterò io bisognerà tenere i piedi per terra e ripartire dai giovani. Questa sarà la politica perché non voglio illudere nessuno”. Volare basso o forse non pensare nemmeno al volo, mettere da parte sogni e velleità senza fare il passo più lungo della gamba. Realismo, fin troppo, che ha trovato nella curva una reazione alla prima occasione utile. Salvezza ottenuta, il futuro senza Ranieri al comando, il parafulmine che ha protetto squadra e società e che ora appartiene già al passato. E così ecco un lungo volantino, poi i cori “meritiamo di più” e “rispetto per Cagliari”, infine lo striscione senza giri di parole: “Giulini pretendiamo rispetto, programmi e chiarezza. Non basta la salvezza”. Una dichiarazione d’intenti del pubblico rossoblù più caldo che fa tornare a galla vecchie spaccature messe in un cassetto per seguire i dettami di Sir Claudio. E che apre uno scenario di attenzione massima verso le mosse del patron, dall’allenatore alla rosa che verrà. Perché dopo un anno e mezzo di tregua è tornato il momento della resa dei conti, o meglio del controllo delle azioni senza attenuanti.

Prossimo giro
Dieci anni di presidenza che si compiranno il prossimo 12 giugno. Dieci anni dei quali otto in Serie A e due in cadetteria. Due retrocessioni e due immediate risalite, traguardi che Giulini ha voluto sottolineare come un successo, ma che non bastano né alla curva né a parte dell’ambiente. Il mantra della salvezza come uno scudetto può valere per un tempo determinato, ma non può essere la costante né tanto meno l’obiettivo senza se e senza ma. Proprio il patron rossoblù ha citato Atalanta, Bologna e Torino come esempi di chi, più o meno volte, è riuscito a raggiungere l’Europa. Definendo quello dei bergamaschi un “vero e proprio miracolo sportivo”. Eppure, nel calcio, i miracoli possono esistere, ma derubricare a tale il percorso dei nerazzurri è limitativo. Idee, programmazione, capacità: queste le chiavi utilizzate dalla famiglia Percassi a Bergamo. Queste le chiavi chieste a gran voce dal pubblico rossoblù per non disperdere il lavoro di Ranieri e dare alla piazza ciò che proprio la piazza pensa di meritare, legittimamente, da anni. Serietà, tradizione, storia: un rispetto chiesto dalla curva – e non solo – che non potrà essere non considerato nel prossimo futuro. Senza dover per forza spendere in maniera poco oculata, ma mettendo al centro idee e programmi. Senza abbassare il livello delle aspettative con un realismo sì condivisibile, ma che non può essere un alibi per giustificare nuove annate di sangue, sofferenza e lacrime da tenere dentro all’ultimo respiro. Perché, come ha detto anche Ranieri, è vero che la permanenza in Serie A non è scontata, ma lo è altrettanto che la spinta del pubblico è condizione necessaria per superare gli ostacoli. Un pubblico che non accetta più solo il do, ma pretende anche l’ut des. Come accaduto con Sir Claudio, come dovrà accadere ora che il parafulmine Ranieri ha scelto di dire addio. Al contrario il rumore dei fischi, senza poter prendere parola dopo la gara contro la Fiorentina, diventerà assordante. Un rumore che ha colto nel segno e che dovrà essere superato con i fatti, in un momento che dalla gioia è diventato presto malumore. E che non potrà segnare il passo del prossimo futuro, per non rivivere le stagioni precedenti a Ranieri e per dare risposte concrete a una piazza giustamente sempre più esigente.

Matteo Zizola

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