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Santiago Colombatto con la maglia del Real Oviedo | Foto X

Colombatto: “Lasciare Cagliari fu un errore: un giorno mi piacerebbe tornare”

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Durante la sosta per gli impegni delle nazionali abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Santiago Colombatto, 27enne regista argentino cresciuto nel settore giovanile del River Plate e arrivato in Italia nel 2015, quando iniziò la sua carriera nel calcio europeo con la maglia del Cagliari.

Una carriera passata a smistare palloni, a regalare assist e ogni tanto anche a mettersi in proprio, con l’ambizione di aggiungere nuovi ed emozionanti capitoli, per raggiungere livelli sempre più alti. Santiago Colombatto certamente non è più il regista tascabile del Cagliari che a 19 anni si affacciava al calcio dei grandi dopo aver impressionato tanti addetti ai lavori nel campionato Primavera, sulla tolda di comando dei rossoblù terribili guidati allora da Max Canzi. Oggi “Santi” di anni ne ha 27, ha messo su famiglia e ha girato tanto, senza però mai vestire la maglia del Cagliari in Serie A. Forse il principale rimpianto per uno dei talenti più interessanti passati dalle parti di Asseminello, che non ha avuto la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto nella sua esperienza in rossoblù. Cardine del centrocampo del Real Oviedo, ambizioso club asturiano che da oltre un ventennio insegue la promozione in Liga, campionato da cui manca dal lontano 2000-01.

Lo scorso gennaio hai compiuto 27 anni, sei appena diventato padre di due figli (Francesco e Roma) e con il Real Oviedo vi state giocando la promozione nella Liga spagnola. È passato un bel po’ di tempo da quando sbarcasti a 18 anni in Sardegna, per entrare nel settore giovanile del Cagliari…

“Eh già, la vita è cambiata parecchio da allora. Sono già passati dieci anni, come corre veloce il tempo…”

Italia, Spagna, Portogallo, Belgio e Messico. Non sono in tanti a poter vantare un’esperienza internazionale simile: in quale campionato ti sei trovato meglio? 

“Sono cinque campionati molto diversi. In Italia il calcio è molto difensivo e tattico, in Belgio e Portogallo si bada più all’aspetto fisico e alla valorizzazione dei giovani. In Messico il livello è molto tecnico, con meno velocità e più spazi a disposizione, mentre in Spagna si pensa a fare un calcio divertente e spettacolare, puntando sul collettivo. Se dovessi fare una scelta direi Italia e Spagna: quando ho iniziato la mia carriera nel vostro Paese mi sono trovato molto bene, anche se forse ero troppo giovane e non abbastanza maturo come lo sono ora a Oviedo”. 

Oviedo è una piazza storica del calcio spagnolo, con una tifoseria animata da una grande passione. 

“Sono 23 anni che la nostra squadra non disputa la Liga: sono tanti per una città appassionata come questa, con una tifoseria calda e spettacolare, che ti fa capire ogni settimana quanto sia forte il legame con la squadra”. 

Santiago Colombatto con la maglia del Real Oviedo | Foto X
Santiago Colombatto con la maglia del Real Oviedo | Foto X

Facciamo un primo salto nel passato, a quando a 18 anni un giovanissimo Santiago arrivò a Cagliari. Riviviamo i primi momenti di quell’esperienza. 

“Arrivai in Italia dall’Argentina e per sei mesi rimasi senza squadra, con diversi provini non andati a buon fine. La mia prima volta a Cagliari? Era maggio, la squadra stava retrocedendo in Serie B e in quel periodo il presidente Giulini aveva deciso di rinnovare la struttura del settore giovanile, con Mario Beretta e mister Canzi alla guida. Mi portarono a Zagabria per un torneo di fine stagione (il memorial “Mladen Ramljak”, ndr) con la Primavera: feci bene e da lì partì la mia carriera in rossoblù. Prima con la Primavera, poi mi diedero l’opportunità di farmi valere anche in Prima squadra. Quello fu l’inizio vero e proprio, con la promozione in Serie A a fine stagione”. 

Santiago Colombatto con la maglia del Verona| Foto LegaB
Santiago Colombatto con la maglia del Verona| Foto LegaB

Cagliari è stata la piazza in cui ti sei formato, mentre Verona è al momento la tua ultima esperienza in Italia nel 2018-19. Che stagione fu quella all’ombra dell’Arena?

“Era il mio vero terzo anno di fila in Serie B, peraltro in una società importante per il calcio italiano come l’Hellas, anche in quel caso in una piazza molto appassionata. Fu una stagione molto bella, culminata come a Cagliari con la promozione in Serie A, anche se attraverso i playoff. Sono state le due squadre con cui sono riuscito a raggiungere l’obiettivo di vincere la Serie B, per questo conservo un bel ricordo. In quel Verona giocavano tanti calciatori di livello assoluto, uno su tutti Zaccagni: mi aspettavo che sarebbe diventato un top della Serie A, bastava vederlo in allenamento. Era uno di quei calciatori che fanno cose diverse rispetto agli altri e la sua crescita lo ha dimostrato, specie in una squadra importante come la Lazio”. 

Nell’annata vissuta con la maglia del Perugia hai giocato con Alberto Dossena, allora giovane difensore di belle speranze e ora leader della difesa del Cagliari.

“Era molto giovane, ma già si intuivano le sue potenzialità. Alla sua prima partita in quella stagione fece gol di testa sugli sviluppi di un calcio d’angolo (il momentaneo 0-1 nel 3-3 contro la Cremonese del 28 ottobre 2017, ndr). Ha giocato poco in quella stagione, ma mi ha fatto piacere quando ho visto che si è fatto strada nel Cagliari. Perché è uno che ha fatto la gavetta e non è mai semplice fare bene in Serie A”.

Santiago Colombatto con la maglia del Famalicao, con il tatuaggio dei Quattro Mori in bella vista | Foto X
Santiago Colombatto con la maglia del Famalicao, con il tatuaggio dei Quattro Mori in bella vista | Foto X

Dopo l’Italia il Belgio, al Sint-Truiden: un’esperienza che, stando anche ad alcune tue interviste del passato, non ti ha soddisfatto del tutto. Eppure eravate una squadra cosmopolita e ricca di giovani di talento, provenienti da ogni parte del mondo. 

“Ripeto quel che ho già detto: andare via da quel Cagliari è stato un errore. In quel momento ho provato tanta frustrazione, perché volevo giocarmi le mie carte in rossoblù ma non trovavo l’opportunità e lo spazio che pensavo di poter avere. In quell’estate 2019, prima di trasferirmi in Belgio, arrivavo dalla vittoria della Serie B a Verona e dal campionato Panamericano vinto con l’Argentina (insieme al viola Nico Gonzalez, ndr): pensavo di avere l’opportunità di restare a Cagliari, che invece non mi è mai stata data. Così ho preso la decisione di andare in Belgio. Una decisione sbagliata, perché non volevo andarmene da Cagliari ma ormai è andata così. Ho giocato al Sint-Truiden, ma non sentivo la stessa passione che avevo in Italia. È arrivato un momento in cui non mi sentivo più un giocatore, avevo bisogno di nuovi stimoli. Faccio un esempio: dopo una sconfitta per 2-0 i tifosi ci applaudivano come se nulla fosse successo, perché non era una piazza calda. Avevo bisogno di sentire la pressione, perché la voglia di vincere per me è molto importante. Lì non la sentivo ed è per questo che dico che non è stata un’esperienza giusta per la mia carriera”. 

Ecco perché hai scelto il Messico, un campionato molto ricco in tutti i sensi, da quello economico a quello tecnico. Com’è andata l’avventura al León? 

“Avevo bisogno di recuperare ambizione e voglia di giocare. Non avevo mai giocato nel continente americano e in quel momento ho capito che il León era l’occasione giusta per rilanciarmi e tornare in Europa. Una tifoseria calda, un club ambizioso e pronto a lottare per il titolo (la finale di Liguilla Apertura persa contro l’Atlas per il titolo 2021, ndr): ho sentito di nuovo la passione e la voglia di giocare. L’anno e mezzo vissuto in Messico mi ha fatto sentire nuovamente un calciatore, sebbene il mio obiettivo fosse sempre quello di tornare in Europa perché ambisco a farlo a livelli sempre più alti”. 

Santiago Colombatto con la maglia del Leon | Foto X
Santiago Colombatto con la maglia del Leon | Foto X

Torniamo a parlare di Cagliari e della Sardegna. Il tuo legame con questa terra è fortissimo, tanto da tatuarti i Quattro Mori sul bicipite. 

“Ricordo bene i miei primi sei mesi in Italia, in cui nessuno mi ha aperto le porte per darmi un’opportunità di far vedere il mio valore. Quando sono arrivato a Cagliari ho avvertito subito qualcosa di diverso: per la prima volta ho sentito di poter costruire un futuro migliore per me e la mia famiglia, grazie alla chance di diventare un calciatore professionista. La Sardegna e Cagliari sono e saranno sempre speciali per me, perché lì ho costruito tanti rapporti forti di amicizia e affetto, lì ho fatto gli ultimi passi da ragazzo e i primi da adulto. Ho imparato l’italiano e qualche parolaccia in sardo (ride, ndr) e ho conosciuto tantissima gente speciale. Lo dico spesso, mi sarebbe piaciuto giocare di più in rossoblù, magari in futuro avrò una nuova opportunità e mi piacerebbe tanto tornare. Ho girato tanto, ma solo alla Sardegna ho dedicato un tatuaggio, perché viverci in quel periodo è stato un passaggio fondamentale nella mia crescita, che mi ha segnato in modo indelebile”. 

Che ricordi hai di quel periodo?

“Vivevo in foresteria e in quella Primavera eravamo un gruppo davvero fenomenale. Vincemmo 13 delle prime 16 gare di campionato, con un pareggio e due sole sconfitte, facendo risultati che non si vedevano da tanti anni a Cagliari. Faccio giusto il nome di alcuni compagni come Alessio Murgia, Federico Serra, Paolo Arca e tanti altri. Mi divertivo tanto a giocare e a vivere con loro, condividendo tutto. Ho dei ricordi davvero stupendi, ho conosciuto tanti amici in quegli anni”. 

Santiago Colombatto festeggia la promozione del Cagliari in Serie A nel 2015-16 | Foto X
Santiago Colombatto festeggia la promozione del Cagliari in Serie A nel 2015-16 | Foto X

Lunedì 1° aprile si giocherà Cagliari-Verona, in qualche modo una specie di derby per te dato che hai indossato entrambe le maglie e ci hai confessato di continuare a seguirle tutt’oggi. Che partita ti aspetti?

“È vero, mi piace seguirle. Entrambe sono a due punti dalla zona retrocessione, ma la lotta salvezza è ancora molto aperta. Sarà una partita durissima per tutti, tra due squadre che non vogliono perdere. Mi aspetto una partita chiusa, vedremo cosa succederà in campo”. 

Abbiamo parlato di Sardegna, ora parliamo di Argentina. Hai indossato l’Albiceleste, ma da professionista ancora non hai giocato in patria. Ti piacerebbe farlo prima o poi?

“Sto benissimo a Oviedo, ma certamente è un’esperienza che in futuro mi piacerebbe fare. Prima però voglio raggiungere tutti gli obiettivi che mi sono prefisso in Europa. Preferenze? Tutti sanno che tifo River Plate, ma sono un professionista e le vie del mercato sono impossibili da prevedere”. 

Santiago Colombatto con la maglia dell'Argentina Olimpica | Foto X
Santiago Colombatto con la maglia dell’Argentina Olimpica | Foto X

Restiamo sul personale: qual è l’allenatore cui sei maggiormente legato?

“Bella domanda, ho avuto tanti allenatori bravi e importanti. Però scelgo Max Canzi, perché mi ha aiutato tanto quando ero solo un ragazzino. Lui e Beretta hanno fatto tanto per me in quei momenti, perché ero a Cagliari senza famiglia e all’inizio ancora non conoscevo nessuno. Loro mi hanno dato davvero una grande mano”. 

Il compagno più forte con cui hai giocato? Non vale rispondere Lautaro Martinez…

“Dico Alexis Mac Allister, che ora gioca nel Liverpool, con cui ho giocato in nazionale alle Olimpiadi di Tokyo 2020”. 

Chiudiamo l’intervista con una domanda scomoda: chi, invece, secondo te avrebbe meritato di fare un’altra carriera visti i mezzi a disposizione?

“Sicuramente Alessio Murgia, per me è un giocatore davvero “forte forte”. Ale è fortissimo, avrebbe meritato di giocare in Serie A perché aveva qualità superiori a tutti noi altri in quel Cagliari Primavera. Ci sentiamo ancora, gli ho scritto di non farsi più i capelli ossigenati (ride, ndr)”. 

Francesco Aresu

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