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Tommaso Raspino durante Banco di Sardegna Dinamo Sassari - Openjobmetis Varese | Foto Luigi Canu

Dinamo Sassari | Raspino simbolo del carattere del gruppo di Bucchi

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Lavoro, sacrificio, sudore. Elementi fondamentali per fare quella che in tanti chiamano gavetta, o che per altri prende il nome di esperienza. Non sempre però nello sport, qualunque sia il termine scelto per descrivere la realtà vissuta da un atleta, quanto citato fa rima con opportunità. A volte però capita che qualcosa inaspettatamente si muova. E quei tre elementi citati diventino utili per convincere una società a trattenerti. Lo sa bene Tommaso Raspino. Classe ‘89, diversi anni in A2 in varie piazze con diversi compiti assegnati, arrivato alla Dinamo Sassari in sordina per dare una mano a un gruppo falcidiato dagli infortuni. E che una volta al completo però non ha potuto rinunciare a lui.

Riconoscimento

La partita con Varese è stata l’esempio eclatante, la perfetta dimostrazione di quanto un giocatore nonostante si trovi in fondo alle rotazioni possa comunque dare una mano a quella che anche grazie al proprio sacrificio è diventata squadra. Sacrificio invisibile ai più, perché passa dalla dedizione mostrata durante la settimana. Per capire quanta ne mettesse Raspino già dall’estate, sarebbe bastato leggere le parole di Jamal Jones. “Compagni? Penso siano tutti forti, ma Raspino mi ha colpito particolarmente, è un grande lavoratore. Penso sia una grande risorsa per la squadra” diceva lo scorso 21 settembre ai microfoni di Dinamo Tv l’ex Bahcesehir. Non a caso, visto che proprio il giorno dopo la Dinamo decise di firmare il giocatore, arrivato in Sardegna per sopperire all’assenza di Treier e poi confermato in una Sassari che ancora cercava la propria identità ma che vedeva in Raspino qualcuno su cui poter contare. Specialmente sul lato difensivo, in cui la stessa ala vercellese è sempre stato consapevole di poter dare una mano in più in casa sassarese. 

Prove

Pazienza e presenza in allenamento, soprattutto mentale, per andare oltre i propri limiti in attacco o alle partite senza poter mettere piede sul parquet. Con il risultato che in alcune situazioni Raspino si è reso inaspettatamente protagonista. Basti pensare alla prova di Malaga in Bcl, quando l’ex Stella Azzurra fece quelle piccole ma importanti cose sul proprio lato che furono decisive per iniziare a cambiare l’inerzia di una gara in cui poi Jones e Robinson trascinarono i biancoblù fino al successo. Una vittoria amara per la Dinamo, che nonostante lo sforzo non riuscì ad agguantare i play-in ma capì di poter fare di più rispetto a quanto dimostrato prima di allora. Fino ad arrivare alle prove con Scafati ma soprattutto con Varese. In entrambe le occasioni in quintetto al posto dell’infortunato Jones, Raspino ha messo nuovamente in campo quanto richiesto dopo quasi due mesi senza minuti di gara nelle gambe. Difesa, aiuto a rimbalzo, ma anche un pizzico di coraggio in più sul lato offensivo in entrambe le occasioni. Con la gara contro Varese che è stata la più importante per via del compito assegnatogli da coach Bucchi, ovvero quello di prendere in consegna Colbey Ross e provare a mandarlo fuori giri. Il tabellino del playmaker varesino al termine della sfida diceva 6 punti, 6 assist ma soprattutto 6 palle perse e -37 di plus-minus in 28 minuti. Al contrario quello di Raspino che registrava 2 punti, 5 rimbalzi e soprattutto +33 di plus-minus in 26 minuti. Numeri che aiutano a capire l’impatto del giocatore, aiutato certamente da compagni che della fame hanno fatto quasi un dogma per arrivare alla vittoria contro la squadra più offensiva dell’intera Serie A (qui la nostra analisi), ma ancora una volta reattivo.

 “Ci vuole amor proprio e gratitudine quando si viene chiamati in campo. Io sto vivendo un sogno, per questo mi viene facile riuscire a dare il meglio”. Le parole di Raspino al termine della gara con Varese lasciano intendere più di tutto il resto una forma mentis che viene difficile pensare sia stata qualcosa di secondario nell’affermazione della Dinamo Sassari di Piero Bucchi. E che sarà sicuramente ancora utile in un futuro che i biancoblù devono ancora disegnare.

Matteo Cardia

 

 
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