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Basket, Grant: “A Verona è stato come vivere un sogno, ora penso alla Nazionale”

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Una stagione importante, coronata con una promozione che ha ridato la Serie A alla città di Verona che la attendeva da vent’anni. Per Sasha Grant, cestista isolano classe 2002, la prima stagione in Italia dopo gli anni al Bayern Monaco, squadra a cui è ancora legato, è stata importante non solo per il basket giocato ma anche per le emozioni vissute. La stagione però non è ancora finita. Ora è pronta infatti la maglia azzurra di una Nazionale Under 20 che spera di poter fare bene agli Europei di categoria di Podgorica. All’orizzonte, invece, c’è un futuro ancora da definire, anche se le idee del giovane nato a Dolianova sembrano essere chiare.

Sasha Grant, partiamo dal traguardo raggiunto, una promozione che a Verona si attendeva da tanto tempo. Che emozione è stata raggiungere la Serie A per di più con una serie finale complessa contro una squadra come Udine?

È stato come viversi un sogno per come è andato tutto l’anno. Abbiamo avuto un inizio un po’ difficile, partendo dal -3 in campionato, perdendo la prima partita della stagione regolare. Poi siamo riusciti a vincerne dodici di fila, siamo stati una squadra che ha affrontato un po’ di tutto. Finire la stagione con questo risultato, in una città in cui hanno provato vent’anni ad arrivare nuovamente in Serie A, essere riusciti a centrare l’obiettivo è stato davvero come viversi un sogno. Con il palazzetto pieno, tutti i tifosi con noi, c’erano anche i miei genitori a vedermi, è stato un giorno speciale“.

C’è stato un momento in cui avete capito avreste potuto raggiungere questo obiettivo?

Sapevamo di avere le potenzialità di farcela sin dall’inizio, perché nonostante i tanti i problemi e i tanti infortuni capitati nella prima parte di stagione la squadra trovava sempre un modo per vincere. E questo lo dimostra anche che abbiamo perso solo una partita in casa con San Severo, quindi eravamo coscienti di essere un gruppo solido. Ci mancava però l’essere pronti tutti e ci siamo riusciti quando contava in finale. Il momento in cui abbiamo capito di poter raggiungere la Serie A è stato quando in gara 1 contro Udine abbiamo perso sbagliando un sacco di liberi: lì ci siamo detti «Ragazzi, ce la facciamo davvero»”.

A livello personale sei soddisfatto della stagione appena conclusa e della scelta fatta a inizio anno?

Sono assolutamente soddisfatto della stagione. Vengo da una realtà completamente diversa, ho fatto quattro anni all’estero arrivando al Bayern Monaco a 15 anni e ho avuto le mie prime esperienze giocando là. Ho preso questa stagione quasi come una sfida con me stesso e ho avuto la grande opportunità di giocare a Verona, con un allenatore che mi ha dato la possibilità di andare in campo. Ho avuto bei momenti, altri più difficili, però penso che alla fine il risultato finale descriva un po’ il mio anno“.

Sulla tua strada hai avuto due coach importanti come Trinchieri e Ramagli. Quali sono le più grandi differenze tra loro?

Ci sono tante differenze tra loro. Innanzitutto sono due persone diverse. A livello di basket, l’A2 è un campionato difficile da giocare, perché è molto tattico e gli spazi rispetto all’Eurolega sono diversi. Sono due allenatori comunque bravissimi in quel che fanno, l’approccio che hanno come allenatori è diverso ma riescono tutt’e due a tirare fuori il meglio da ogni giocatore. Ognuno ha le proprie strategie in campo per affrontare certi tipi di partite, giocatori e allenatori. Sono sempre pronti. Alla fine è la personalità quello che li differenzia“.

Ora finito il prestito a Verona, tornerai sulla carta almeno momentaneamente al Bayern Monaco. Cosa vorresti per il futuro?

Parto dal fatto che sono ancora molto giovane, la cosa che mi interessa principalmente è giocare. L’opportunità di quest’ultimo anno è stata importante perché mi ha dato l’opportunità di vivere le diverse situazioni di gioco, cosa che magari al Bayern non riuscivo a fare con continuità, anche se ho avuto l’opportunità di giocare lo scorso anno. Tuttavia, la continuità è cruciale. Non so quali saranno i miei piani, ora andrò in Nazionale Under 20 e la mia testa rimarrà lì. Tornerò a giocare a certi livelli una volta in cui sarò pronto, sento che ora è importante poter continuare a crescere e poter aiutare una squadra in campo giocando“.

Ora si apre il capitolo Nazionale Under 20. Ci saranno gli Europei a metà luglio, quali sono le tue impressioni?

Raggiungerò il gruppo domani, non ho ancora avuto l’occasione di incontrare tutti i ragazzi. Ovviamente conosco Casarin, con cui ho giocato a Verona. So che la Nazionale Under 20 non fa bene da un po’ agli Europei, è andata bene la selezione Under 19 al Mondiale nel 2017 ma l’Under 20 ha negli ultimi anni fatto un pochino di fatica nella competizione continentale. Penso che abbiamo un’opportunità. Dobbiamo capire bene dove possiamo far bene e come essere efficienti. Alla fine stiamo sempre indossando la maglia con la scritta Italia sul petto: negli anni passati tutti hanno dato il massimo impegno e dobbiamo quindi onorare la maglia, lavorando e sperando magari di fare qualcosa di speciale“.

Matteo Cardia

TAG:  Basket
 
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