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Yerri Mina discute con i compagni dopo un gol subito in Cagliari-Salernitana | Foto Luigi Canu

Cagliari | “El Muro” Yerry: come Mina ha rivoltato la difesa rossoblù

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“Caiste en la trampa, rapapam pam”. Non capita tanto spesso che all’interno della rosa di una squadra di calcio, di Serie A o serie minori, ci siano elementi in grado di andare oltre il profilo del calciatore “in senso stretto”, inteso da un punto di vista quasi sociologico. Un’etichetta spesso accompagnata da un’aura negativa, da stereotipo: un’eccessiva attenzione all’apparenza, scarsa cultura e aggiungete voi altri aspetti quasi caricaturali.

Panita
Yerry Mina però è un personaggio che va oltre questa semplice etichetta e lo si è capito fin dal suo arrivo all’aeroporto di Elmas, lo scorso 1° febbraio. Sorriso smagliante, entourage numeroso (addirittura con un videomaker personale, pronto a creare contenuti buoni per i suoi profili social) e una grande disponibilità verso i cronisti presenti, confermata nella successiva conferenza stampa di presentazione e una dote indiscutibile da subito: la personalità del capo, lo sguardo di uno che sembra nato per trascinare gli altri, senza paura. Chiedere a Lukaku, Osimhen, Thuram e Sanchez, soltanto per fare qualche nome: tutti attaccanti che hanno avuto a che fare con il colosso di Guachené nel girone di ritorno e spesso non sono riusciti a incidere quanto avrebbero voluto. Perché? La risposta è semplice e trova soddisfazione nel ritornello del brano che apre questo articolo: “Sei caduto nella trappola”. Una canzone salsa choke, lo stile preferito dal colombiano, dedicata dall’autore Pichi all’amico Yerry (detto anche El Muro o El Panita, termine tipicamente colombiano per indicare un caro amico) e diventata subito virale in Sudamerica e non soltanto, ballata dal difensore insieme ai compagni di nazionale in alcune esultanze per festeggiare un gol segnato. Una dedica pienamente pertinente, alla luce del modo in cui Mina ingaggia in ogni partita un vero e proprio duello con l’attaccante di turno, spesso esasperato dalle “cure personalizzate” usate dall’ex Barcellona. Le scaramucce con Osimhen e Alexis Sanchez hanno fatto il giro dei social network, con i tifosi di Napoli e Inter non proprio teneri nei confronti del colombiano. Su Instagram, per esempio, il suo profilo è stato invaso da utenti cileni, pronti a difendere a suon di commenti El Niño Maravilla, che durante Inter-Cagliari ha avuto qualche battibecco con il numero 26 rossoblù.

Trascinatore
D’altronde Mina lanciò un messaggio chiaro fin dalla conferenza stampa di presentazione: “Paura di Lukaku? È lui che deve averla”. Quello che di primo acchito sembrava un eccesso di spavalderia è diventato realtà in campo, con Mina che alla prima da titolare con la maglia del Cagliari ha battagliato con il centravanti belga uscendo vincitore dal duello. E così ha fatto anche con gli altri attaccanti incontrati finora. Una leadership naturale per il colombiano, da anni abituato a reggere la pressione anche fuori dal campo. Da quando è arrivato in Sardegna ha rivoltato come un calzino la difesa rossoblù, incidendo in maniera importante su tutto lo spogliatoio. E non è un caso se la squadra di Claudio Ranieri ha cambiato passo da quando c’è l’ex Barcellona al centro del reparto arretrato: in lui ha trovato il tramite per trasmettere lo spirito giusto per la lotta salvezza. Sia ben chiaro, Mina nelle sue 9 presenze in rossoblù non è sempre stato perfetto, anzi. Contro l’Inter le maggiori responsabilità sui due gol nerazzurri sono sue, così come in altre gare alcune letture sbagliate hanno portato alla rete avversaria (si pensi ai gol di Osimhen in Cagliari-Napoli e Kastanos nel 4-2 sulla Salernitana). Eppure, nonostante alcuni errori individuali, la sua gestione emotiva ha fatto crescere concentrazione e attenzione di un reparto che, tolte le 7 reti subite nelle sfide contro le romane – 4-0 Roma, 1-3 Lazio – in cui Mina stava trovando il giusto assestamento, dalla gara contro l’Udinese ne ha subito 9 in 8 partite, poco più di una a partita. Un ritmo totalmente differente rispetto al passato, dato che nelle precedenti 24 gare i gol subiti sono stati 45, quasi due a partita.

Futuro
Il suo impatto sulle sorti della stagione rossoblù è indiscutibile e pure i numeri lo confermano. Ma quale sarà il futuro dell’ex Barcellona? Sarà ancora in Sardegna? Secondo quanto raccolto dalla nostra redazione il giocatore sarebbe ben felice di restare a Cagliari, dove sia lui che la sua famiglia si trovano benissimo. Il suo nome però fa gola a tanti club, specie all’estero: in Brasile – dove si è messo in luce ai tempi del Palmeiras (2016-17) – un rinforzo con la sua esperienza internazionale farebbe comodo a tutti i top club. E non a caso il buon Yerry è stato accostato a varie squadre, come Gremio e Internacional di Porto Alegre. Meglio la tranquillità cagliaritana o un ingaggio milionario in Sudamerica? Chissà, intanto la situazione contrattuale parla chiaro: Mina ha firmato fino al 30 giugno 2024, con l’opzione di rinnovo per un’altra stagione, con una clausola legata alla salvezza al suo interno. Se Mina è stato decisivo per ridare equilibrio alla difesa del Cagliari, lo stesso può dire il club rossoblù per la carriera del colombiano, ripartita di slancio in rossoblù dopo le ultime annate a Liverpool con la maglia dell’Everton (esperienza conclusa con lo svincolo a fine contratto) e, soprattutto, una prima parte di stagione da gregario vissuta a Firenze. Sole 4 presenze in Serie A, di cui due da pochi minuti nel finale contro Juventus e Bologna, più 2 in Coppa Italia e una in Conference League. Poche, troppo poche per un leader come Yerry, abituato a stare al centro del progetto e anche dell’attenzione: non a caso da subito è diventato un beniamino dei tifosi rossoblù, specie dei più piccoli, affascinati da quel gigante di 195 centimetri che corre come un cestista e che ringhia contro tutti, senza paura e sempre con il ghigno sulle labbra. E, soprattutto, da bravo cacciatore di attaccanti ha sempre la trappola pronta per rovinare la festa a un nuovo attaccante. Già venerdì 19 aprile contro la Juventus, rapapam pam.

Francesco Aresu

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